L’Europa deve riprendere “lo slancio pionieristico dei padri fondatori, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza”. A riproporre queste significative parole di David Sassoli del 2019 è il Centro Astalli, diretto da padre Camillo Ripamonti, per rilanciare l’invito ai Governi europei a lavorare per la pace non solo in Ucraina, ma anche nei Balcani e nel Mediterraneo, dove tensioni sociali rischiano di diventare conflitti. Uscire, cioè, dice il Centro, dalla logica dei muri con una robusta azione umanitaria nei confronti dei migranti è il passo necessario per riscoprirsi una vera Unione di pace. Lo fa nel momento in cui in Italia è entrata in vigore la conversione delle norme urgenti del DL 20/2023, che prevede misure speciali per regolare i flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri, su cui, però, anche l’UNHCR Italia, Agenzia ONU per i rifugiati, ha espresso in un documento tecnico alcune perplessità e raccomandazioni.
A suscitare “profonda preoccupazione” nella Agenzia Onu ci sono disposizioni che presentano delle “criticità” rispetto alla compatibilità con “la normativa internazionale sui rifugiati e sui diritti umani”, in merito “alla fattibilità delle misure previste”, al potenziale “impatto sul sistema d’asilo” e allo “spazio di protezione garantito a richiedenti asilo, rifugiati e persone apolidi”. Pur concordando con l’istituzione di procedure di frontiera più efficienti, nella nota, si raccomanda di introdurre “misure per l’individuazione dei bisogni dei richiedenti asilo, dei minori e delle altre persone con esigenze particolari”. In particolare si sottolinea come i “luoghi di trattenimento” debbano rispettare la direttiva accoglienza che prevede “la disponibilità di spazi aperti, la possibilità di comunicare e ricevere visite (da parte di personale UNHCR, familiari, avvocati, consulenti legali e rappresentanti di organizzazioni non governative) e il diritto di essere informati delle norme vigenti nel centro”.
Nel caso di domande di protezione internazionale “manifestamente infondate” e di conseguenza di “procedure accelerate” nell’esamina della domanda di asilo, si chiede di vagliare prima se la persona invoca “gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro”. Infine, riguardo alle nuove disposizioni relative alla protezione speciale “l’UNHCR ribadisce la necessità di garantire una forma di protezione complementare alle persone che, in caso di rientro nel proprio Paese, rischino una violazione dei propri diritti fondamentali, così come tutelati dal sistema di protezione dei diritti umani internazionale e regionale”. Nel documento si sottolinea anche come sia “necessario rendere più efficienti, rapide e prive di ostacoli nell’accesso, le procedure per la determinazione dell’apolidia, in quanto passaggio fondamentale e propedeutico per l’accesso a molti diritti fondamentali”.
La promulgazione del cosiddetto “Decreto Cutro”, convertito in Legge n. 50 il 5 maggio 2023 è seguita alla strage del 26 febbraio, quando un’imbarcazione partita dalla Turchia con a bordo circa 200 persone si è spezzata in due a pochi metri dalla riva del litorale di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone. Le autorità italiane erano state avvisate della presenza del caicco, ma non è stata comunque attività nessuna operazione di soccorso. 80 persone sono sopravvissute, ma oltre 100 sono morte, tra cui anche molti bambini. Una strage provocata dalla omissione di soccorso che ancora oggi non ha dei responsabili e che ha segnato il destino dei pochi sopravvissuti.
Per il Centro Astalli la Legge ha rappresentato un ulteriore passo indietro in termini di diritti umano perché dall’impianto emerge con chiarezza la finalità di considerare delle persone in fuga da guerre, persecuzioni, ingiustizie sociali, povertà, crisi climatiche, una minaccia e un pericolo. Anche la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e le Acli, prima della approvazione si erano rivolte al Governo esprimendo profonda preoccupazione: “Occorre riconsiderare – si leggeva in una nota – gli effetti che avrebbe una restrizione della cosiddetta ‘protezione speciale’ che non è un provvedimento esclusivamente italiano”. Il timore espresso riguardava le difficoltà a garantire protezione a persone a rischio di trattamenti disumani nei loro Paesi di origine sulla base dell’esperienza concreta di integrazione realizzata dal 2016 attraverso i “Corridoi umanitari”: Secondo le Acli ”il decreto Cutro è anacronistico e ingiusto perché cerca di porre un freno al fenomeno dell’immigrazione in maniera del tutto irrazionale, costringendo degli esseri umani che fuggono da situazioni disperate a entrare dentro l’anonimato dell’irregolarità, senza alcuna prospettiva di integrazione e di riscatto. L’immigrazione non è un’emergenza, è un fenomeno che va gestito, soprattutto in un Paese come il nostro dove ormai non si fanno più figli e dove le pensioni sono sorrette anche dal lavoro dei migranti”.