Un impatto negativo sulla crescita, sulle imprese e sui salari. A fare i conti è la Confcommercio che calcola con “forte preoccupazione” l’impennata del fisco. Un balzo che si abbatte sulle attività produttive e sul potere di acquisto dei lavoratori.
“Il peso del fisco tocca il 43,5%, record assoluto dal 1995”, calcola la Confcommercio che osserva: “lo stato dell’economia è buono, ma bisogna abbassare la pressione fiscale. A rischio sono le fasce sociali più deboli ed esposte”.
L’economia va sù famiglie giù
La Confcommercio, con le sue 700 mila imprese, torna ad analizzare i prossimi scenari finanziari che danno un duplice responso: c’è crescita ma il rischio che poco andrà nelle tasche delle famiglie. “L’Istat”, segnala la Confederazione, “ha rivisto al ribasso la stima diffusa il 31 gennaio scorso, che indicava una crescita al 3,9%. Nel 2022 il Pil italiano è cresciuto in volume del 3,7% mentre ai prezzi di mercato è stato pari a 1.909,154 miliardi di euro, con un aumento del 6,8% rispetto all’anno precedente”.
Pressione fiscale record
“Se l’economia da segnali di ripresa”, osserva la Confcommercio, “con la domanda interna che ha avuto un incremento del 9,4% degli investimenti fissi lordi e del 3,5% dei consumi finali nazionali, il nodo rimane la pressione fiscale complessiva”.
“Nel 2022 è risultata pari al 43,5%, in aumento rispetto all’anno precedente”, sottolinea la Confederazione, “per effetto della crescita delle entrate fiscali e contributive di più 7%; superiore rispetto a quella del Pil a prezzi correnti di più 6,8%”.
Peso sulle fasce sociali deboli
Il sistema produttivo italiano, valuta la Confcommercio, si è mostrato vitale e reattivo rispetto al doppio shock della crisi pandemica prima e della crisi energetica, poi. “Il +3,7% fatto registrare dal il reale nel 2022 è la sintesi di un forte impulso della domanda interna (consumi nazionali e investimenti), che contribuisce per 4,6 punti percentuali, a fronte di un contributo negativo di quasi un punto percentuale delle scorte e del saldo della domanda estera”.
L’Ufficio studi della Confederazione, lancia l’allarme sulla crescita di 1,2 punti percentuali della pressione fiscale, portatasi al record assoluto dal 1995: “non c’è dubbio che l’afflusso di risorse tramite il gettito abbia consentito di finanziare tutte le forme di sostegno e di sussidio alle famiglie e alle imprese, soprattutto nella fase della pandemia, ma anche per la neutralizzazione degli impatti indotti dai pesanti rincari energetici, a vantaggio degli strati sociali più fragili ed esposti”.
Sentiero di crescita fragile
Per la Confcommercio bisogna ridurre la tassazione per non bloccare il “sentiero di crescita”.
“Tuttavia”, evidenzia l’Ufficio Studi, “tale drenaggio verso il bilancio pubblico di flussi reddituali e contributivi da parte dei ceti produttivi più strutturati e resilienti va corretto velocemente per ricondurlo a dinamiche tali da non compromettere, con un eccesso di pressione fiscale, quel sentiero di crescita robusta che sarebbe opportuno mantenere anche nei prossimi anni, proprio per garantire il riequilibrio dei conti pubblici e la riduzione del disavanzo nel momento in cui verranno ripristinati i vincoli stringenti del Patto di Stabilità e Crescita”.
Priorità alla riforma fiscale
La Confcommercio con il presidente Carlo Sangalli entra nel merito della riforma che il Governo intende attuare.
“È importante che sia organica e strutturale”, osserva il leader della Confcommercio, “Significa perseguire equità, riduzione della pressione fiscale e avanzamento dell’azione di contrasto e recupero di evasione ed elusione; semplificazione, stabilità e certezza di norme ed adempimenti”.
Ascoltare le Associazioni
L’annuncio del premier Giorgia Meloni di voler “rivoluzionare il rapporto tra fisco e contribuente”, attuare una “legge delega che metterà al centro anche i dipendenti e i pensionati, con misure ad hoc”, per Sangalli sarebbe questa scelta: “Un passaggio storico, a lungo atteso ma molto complesso. Per questo sarebbe necessario un supplemento di ascolto, da parte del governo, delle organizzazioni più rappresentative di imprese e lavoratori”.
Abolire l’Irap, rivedere l’Iva
Tra le diverse proposte di riforma del fisco il presidente della Confcommercio ne sottolinea una in particolare. “L’Irap andrebbe abolita”, puntualizza, “anche per le imprese costituite in società, introducendo strumenti che favoriscano il reinvestimento degli utili in azienda. E per l’Iva”, conclude Sangalli, “qualsiasi intervento non dovrebbe comportare un incremento della tassazione indiretta su beni e servizi”.