martedì, 17 Dicembre, 2024
Società

Autonomia e Lep: divide et impera

La massima latina «Dividi e comanda» descrive una tecnica politica antichissima, al punto che la frase viene attribuita a Filippo di Macedonia, padre di Alessandro Magno. Chi vuole dominare ha tutto l’interesse a rinfocolare attriti e contrapposizioni fra i suoi dominati, che così non riusciranno a coalizzarsi per conquistare la comune libertà.

Con questa tecnica è nato lo Stato nazionale in Francia (ne fu alfiere Luigi XI), ma è stata anche applicata  per governare l’immensa vastità dell’Impero Britannico, specie in India. E a chi non è noto che il dirigente d’azienda mette l’un contro l’altro i suoi sottoposti o che il barone universitario inciti alla competizione i suoi assistenti. Questo perché, da cittadino e modesto osservatore, non so se ci sia una strategia occulta simile dietro l’accelerazione data alle proposte sulla cosiddetta «Autonomia differenziata – Regionalismo», o se si tratti solo di un espediente acchiappavoti per le imminenti elezioni lombarde, destinato poi a finire nel dimenticatoio a urne chiuse  per  le grandi difficoltà attuative del Federalismo regionale.

Vero è che il punto è inserito nel programma della Coalizione di centrodestra che ha vinto le elezioni, e che della coalizione è parte integrante la Lega, per la quale l’Autonomia regionale s‘ha da fare  ed è solo una versione  edulcorata  della iniziale vocazione secessionista. Ma ad oggi, nella dialettica politica anche degli ultimi Governi, si è sempre condizionato il percorso di autonomia differenziata alla salvaguardia e alla individuazione dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) che andrebbero peraltro declinati prima di dare il via alla Legge dell’Autonomia e non il contrario,  come stiamo assistendo.

Ma cosa sono e cosa devono disciplinare realmente i LEP, argomentazione pressoché sconosciuta a quasi tutti gli Italiani? I LEP sono le prestazioni erogate dallo Stato su tutto il territorio nazionale (ma alcune ancora da definire) su grandi  temi quali la Salute, l’Istruzione, l’Assistenza sociale, i Trasporti. Essi sono  previsti nel Titolo V della nostra Costituzione all’Art 117 ad integrare  l’Art 3 della Stessa che in sintesi recita che «Tutti i cittadini hanno pari dignità civile e sociale in termini di libertà ed uguaglianza su tutto il territorio nazionale».

Cosa servirà per attuare i LEP? definire gli Standard dei modelli attuativi e trovare soprattutto le risorse economiche necessarie da dare a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni a che i LEP siano erogati. Definire i LEP-Standard significa immediatamente definire i Costi standard degli stessi (costi standard già dramma socio-gestionale  noto in Sanità). Inoltre un grande sforzo sarà quello di individuare indicatori di attività precisi (perché è  facile trovare indicatori che misurino esattamente in modo tabellare quanti posti letto saranno necessari per 1000  abitanti) ma un grosso ostacolo sarà quello di poter misurare con giustezza diritti civili e sociali di tutti i cittadini. Credo anche che certi limiti potrebbero essere superati con gli strumenti e le competenze gestionali oggi esistenti affinandone le tecniche applicative ma, per attuare i LEP bisognerà trovare tanti soldi, perché  aumenteranno fortemente i costi per lo Stato. E senza grandi risorse economiche rischiamo di creare solo un grande mostro. La partita è ardua.

E se i LEP sono di individuazione assai complessa per settori come quello dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, altrettanto complessi quelli della Scuola, essi diventano mera speculazione dialettica quando parliamo di diritto alla mobilità, ad esempio  nell’ambito  del trasporto locale. Alla luce dell’enorme contenzioso fra Stato e Regioni che dal 2001 in poi (riforma del Titolo V della Costituzione) ha letteralmente intasato la Corte Costituzionale, l’idea di creare ulteriori egoismi e rivalità fra Regioni o fra Nord e Sud non mi rende felice. Capisco che possa piacere a qualche regione, soprattutto del Nord. ed è umano che possa lusingarne i propri cittadini, ma il conto rischia di essere salato anche per loro.

Sì, perché, proprio per non averlo già  dimenticato, il motto di Mario Draghi era: da soli non si va da nessuna parte. Specialmente in un tempo nel quale si moltiplicano le sfide globali, a noi tutti note quali la pandemia, ambiente e clima ,la guerra guerreggiata, instabilità politiche mondiali, non ultima la tensione fra  Stati Uniti e Cina.  Gli analisti ritengono che entro un decennio fra le nazioni europee solo la Germania, sarà ancora fra le prime dieci economie del pianeta. Essere dei botoli più o meno ringhiosi in un contesto di pachidermi e mastini non sembrerebbe saggio.

Ciliegina sulla torta, si annuncia il pieno ripristino delle Province, fortemente depotenziate meno di dieci anni fa dalla riforma Delrio. L’ennesima performance del partito da sempre egemone della scena politica italiana: il Pd’A, Partito dell’Andirivieni. Facciamo il Servizio Sanitario Nazionale superando la selva delle mutue e poi lo frantumiamo in venti piccoli sistemi regionali; chiudiamo e ridimensioniamo le Province e poi le ripristiniamo. L’impressione è che si dimentichi presto la Storia. C’è chi dice che il rimedio a queste ulteriori frammentazioni della nostra amata Italia  sarebbe l’elezione diretta del Presidente della Repubblica; può darsi. Ma siamo sicuri che a quel punto ci sarà ancora una Repubblica da presiedere?

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