L’ultima riunione delle Associazioni che tutelano gli investitori truffati dalle banche andate in dissesto (Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, Banca delle Marche e Cassa di Risparmio di Ferrara), si è tenuta mercoledì 18 gennaio scorso per chiedere al governo di centrodestra un incontro urgente. Il problema riguarda 4mila danneggiati, i cui requisiti dai nove saggi non sono stati giudicati idonei ad ottenere i rimborsi a causa di errori formali nella compilazione delle domande, per incongruenze dei dati di acquisto delle azioni o delle obbligazioni subordinate.
Ci sono infatti 545 milioni ancora in giacenza nel Fondo di indennizzo dei risparmiatori previsto dalla legge Finanziaria del lontano 2019 che non sono stati utilizzati negli anni successivi. Tale stanziamento, che è stato alimentato dai conti e dai rapporti bancari con importi superiori ai 100 euro, cosiddetti dormienti, che non hanno registrato operazioni o movimentazioni da parte dei titolari o di loro delegati per dieci anni, doveva essere utilizzato per risarcire almeno in parte le migliaia di persone coinvolte nel crack delle banche.
Secondo i dati Consap, che è la concessione di servizi assicurativi pubblici incaricata di valutare i prerequisiti e l’erogazione dei fondi destinati ai danneggiati, al 16 giugno 2022 le domande complessivamente valutate sono 137.698 pari al 95% di quelle pervenute per un controvalore di oltre euro 918 milioni. In particolare sono state valutate: il 99% delle domande in procedura forfettaria; il 68% delle domande in procedura ordinaria, per le quali sono stati disposti pagamenti per un controvalore di euro 901 milioni.
Il decreto Milleproroghe, che è stato recentemente approvato alla Camera ed ora passa al Senato sposta la decorrenza della Commissione dei nove saggi dal 31/12/2022 al 30/06/2023, ma il Mef non ha provveduto ancora a rinnovare la Segreteria Tecnica che fa capo alla suddetta Consap. Ma accanto a questo ritardo esiste anche un problema di interpretazione, relativo al secondo periodo del comma 496 della legge finanziaria 145 del 2019, quella che ha istituito il Fondo, che dispone che la percentuale del 30% entro il limite dei 100mila euro dei rimborsi possa essere incrementata qualora in ciascuno degli anni in questione (2019, 1020 e 2021) le somme complessivamente erogate per l’indennizzo, secondo il piano di riparto, siano state inferiori alla previsione di spesa dell’esercizio finanziario nel pieno rispetto dei limiti di spesa. Per tale questione è stato chiesto anche un parere pro veritate al Prof. Aldo Angelo Dalmatia, secondo il quale la norma va interpretata nel senso che il Fir al verificarsi di quei presupposti debba seguire un corrispondente incremento della misura spettante agli aventi diritto.
A questo punto sarebbe perciò opportuno che il governo Meloni prendesse una posizione chiara e definita per dare finalmente soddisfazione a tutti quei risparmiatori che attendono ancora giustizia.
Riccardo Pedrizzi
Presidente Nazionale del CTS dell'UCID