Sulla sorte della legislatura c’è, oltre alle fragilità della maggioranza, un imprevisto: al Senato sono state raggiunte le 64 firme occorrenti la richiesta del referendum che mira ad abrogare il taglio del numero di parlamentari.
Di conseguenza, sono sospesi gli effetti della riforma; Spetterà ora alla corte costituzionale indire il materiale svolgimento del referendum, che dovrebbe essere celebrato nella prossima primavera.
Il congelamento della riforma fortemente voluta dal M5S, ma sostenuta anche dalla firma di parlamentari stellati e del PD, potrebbe così costituire una forte tentazione, qualora ce ne fosse la voglia, per provocare elezioni anticipate tra l‘inverno e la primavera.
Le conseguenze sarebbero duplici: si voterebbe per Camera e Senato nell’attuale composizione (945
Parlamentari), quelle, delle norme attuali, e si rinvierebbe a data da destinarsi, comunque dopo nuove elezioni politiche, la celebrazione del referendum, che produrrebbe i suoi effetti solo dopo la fine dell’eventuale nuova legislatura.
È uno scenario, questo, che potrebbe mutare solo nell’eventualità che qualche senatore ritiri la firma apposta sulla richiesta referendaria: mancando un atto del genere il quesito sarà così, come da prassi, prima inviato alla corte di cassazione e da questa alla corte costituzionale per gli adempimenti di rito.
Occasioni per precipitare verso elezioni anticipate non ne mancheranno a cominciare dalla riforma della giustizia che verrà affrontata oggi in un vertice a Palazzo.