Italiani popolo di santi, poeti e navigatori. Ma non di imprenditori. Certo, l’analogia tra fare impresa e navigare è forte ed evocativa, a tratti epica. E anche la storia del capitalismo nostrano è ricco di eccellenze imprenditoriali di cui andare orgogliosi e da cui farsi inspirare.
Infatti, una precisazione è d’obbligo per sfuggire il luogo comune. Seppur vanti una tradizione molto solida nei business di famiglia, dote assai rara a livello mondiale e di sicuro uno degli aspetti chiave del successo del Made in Italy nel mondo, il Bel Paese resta un posto per lo piú inospitale per capitani e capitali d’impresa.
Lo studio
A ricordarcelo un nuovo studio, questa volta a firma di un operatore di settore, Blacktower, che aggregando dati raccolti da una varietà di siti Web statistici, come Statista, ha classificato 31 paesi in tutta Europa come i migliori per investire in nuove attività, in base alla percentuale della popolazione con titoli universitari, stipendio netto medio, aliquota dell’imposta sulle società, costo della vita e costo di affitto degli uffici per metro quadrato.
L’Italia si piazza al venticinquesimo posto. A guidare sono invece i paesi dell’Est Europa, Lituania in testa, seguita da Bulgaria (3), Ungheria (4), Estonia (5) e Lettonia (6). Seguono, Polonia, Slovenia, Romania, e Croazia.
“È importante notare che questa classifica non vuol dire che i paesi in fondo alla nostra lista siano scelte di investimento sbagliate”, tengono a precisare dall’azienda, anche perchè a scorrerla dal basso troviamo paesi come la Svizzera, trentunesima posizione, Germania, trentesima, Francia, ventottesima, Norvegia, ventisettesima, e poi il Regno Unito.
Tradotto, i posti dove le nuove imprese possono prosperare sono quelle nazioni le cui economie “stanno crescendo rapidamente per iniziare a competere con quelle di paesi ben noti, come la Francia e il Regno Unito”. Ovvero, è nella natura della creazione di impresa fungere da volano per aiutare un sistema a diventare maggiormente competitivo.
Un fiocco rosa
Altrettanto vero è che è proprio nella natura del fare impresa aiutare un sistema a innovare per restare competitivo. In questo senso, buone notizie per un’economia matura come quella italiana arrivano dall’imprenditoria femminile, come suggerisce il V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si. Camera, presentato in settimana.
Il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, ha infatti sottolineato come “di fronte alle grandi sfide poste dal Pnrr al sistema produttivo nazionale, le donne italiane a capo di una impresa stanno rispondendo positivamente, accelerando sul fronte degli investimenti digitali e in tecnologie piú rispettose dell’ambiente”.
Anche se non mancano le difficoltá. Infatti, metá delle imprese femminili, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro viste le attuali incertezze.