mercoledì, 15 Gennaio, 2025
Società

“Gli irregolari siete voi!”. Storia di Usman prigioniero della burocrazia italiana

Questa è la storia di un giovane profugo richiedente asilo nel nostro Paese senza fissa dimora per più di nove mesi in attesa che la burocrazia faccia il suo corso. Ce la racconta l’associazione umanitaria Baobab Experience, dedita all’accoglienza dei migranti in transito nella Capitale:
“Usman è arrivato a Roma il 2 luglio 2021 e si è immediatamente rivolto all’Ufficio Immigrazione per presentare domanda di asilo. La legge avrebbe voluto che le autorità lo convocassero entro 72 ore così da effettuare gli esami fotosegnaletici. Ad Usman, invece, quello stesso giorno viene dato appuntamento dopo 3 mesi.


3 mesi dopo

Gli viene riconosciuto un posto in un centro d’accoglienza il 6 ottobre. Nel frattempo, dal punto di vista del nostro Paese e, in particolare, della Questura di Roma, Usman avrebbe potuto tranquillamente vivere e dormire per strada, forse alla Stazione Tiburtina (per venire sgomberato dal Comune una mattina d’estate ed essere sostituito da fioriere anti-uomo e altra architettura ostile) o magari alla Stazione Termini, dove Grandi Stazioni ama gettare acqua gelida a ridosso delle vetrate, così da impedire alle persone di trovare riparo. È un caso che Usman sia stato, invece, inserito nel Programma Baohaus di Baobab Experience, dove condivide con ragazzi della sua età un appartamento e dove ha iniziato un percorso formativo. È un caso che non gli sia toccato in sorte il marciapiede, la fame, la privazione, secondo il trattamento riservato dalla città di Roma ai richiedenti asilo. 

Il 6 ottobre

Il centro che gli è stato assegnato dalla Questura è uno di quei luoghi deputati all’accoglienza che somigliano più a ripostigli che a luoghi di inclusione, “sembra un campo bosniaco”, ci fa sapere. A Usman viene offerta una brandina nel tendone allestito nello spiazzo davanti all’edificio e il servizio di integrazione si risolve in un’ora a settimana di lingua italiana. Poco dopo, questo centro viene chiuso a causa delle proteste degli ospiti per le pessime condizioni igienico-sanitarie e il sovraffollamento. Anche Usman non vuole stare lì, sente di perdere tempo, ha già buttato via troppi anni della sua vita, prima sotto la minaccia talebana, poi nel viaggio verso la libertà, poi nella trappola della rotta balcanica. Ora vuole riscattarsi, riappropriarsi del proprio tempo, studiare, lavorare. 
Chiede di tornare in Baohaus e noi lo accogliamo a braccia aperte. È una persona meravigliosa: è intelligente, curioso, generoso e ha fretta di esprimersi e realizzarsi.  Il tempo passa e lui non ne spreca un istante, ma i giorni e i mesi trascorrono senza che a Usman vengano riconosciuti i documenti necessari per lavorare legalmente. Secondo la legge devono passare al massimo 3 giorni – 10, se ci sono molte domande da evadere – perché a Usman sia consentito di verbalizzare le dichiarazioni rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale (c.d. verbale C3).

Dopo circa 7 mesi e mezzo

Finalmente Usman riesce a presentare ufficialmente domanda di protezione nel nostro Paese, sette mesi e mezzo dopo la sua prima manifestazione di volontà. Una esistenza sospesa in un limbo giuridico e bloccata dal difetto di altri. Dovranno passare altri 60 giorni perché riesca a ottenere un regolare contratto di lavoro.
 

Dopo 9 mesi e mezzo

In tutti in questi mesi di attesa di regolarizzazione Usman è senza fonti di guadagno, non ha potuto lavorare senza documenti. In questo tempo sospeso si è costretti a fare la fame o si è spinti nell’illegalità. Questa è una storia tra tante che avvengono nella Capitale d’Italia, un unicum negativo nel panorama italiano: l’unica città dove non viene rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo, che consente al richiedente di lavorare legalmente sul suolo italiano, dal giorno della presentazione della domanda, fino alla chiusura della procedura di riconoscimento della protezione”. 
Forse davvero gli irregolari siamo.
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