giovedì, 26 Dicembre, 2024
Esteri

I talebani accendono la minaccia del terrorismo

Non è chiaro come la popolazione e i talebani interagiranno in un paese talmente diverso, almeno in superficie, dal Paese governato dai talebani nel 2001. Con il 70 per cento che ha in media meno di 25 e 15,6 anni di età, la maggior parte degli afgani di oggi sono cresciuti conoscendo due cose: la guerra e, la crescente libertà che, soprattutto nelle aree urbane, è arrivata on l’afflusso di business e valori occidentali.

Vogliono che il primo finisca e il secondo continui. Nel frattempo, le donne, che prima non erano autorizzate a lavorare fuori casa quando i talebani governavano, ora costituiscono il 30% della funzione pubblica. Ma nelle nuove aree talebane del nord, i segnali non sono buoni: le donne ora segnalano direttive che impongono loro di lasciare le loro case indossando un’hijab e solo con un compagno di sesso maschile. Se questo scontro di valori si espandesse a livello nazionale, i talebani probabilmente tornerebbero alla sottomissione forzata – ma questo potrebbe facilmente innescare una guerra civile.

Molto importante sarà  il modo in cui la comunità internazionale tratterà i talebani e condizionerà le loro azioni. Il miglior modo per moderare il comportamento dei talebani potrebbe essere attraverso una campagna americana di successo nell’orchestrare una certa pressione sul gruppo da parte di un’improbabile coalizione di vicini e grandi poteri. Per farlo, Washington dovrebbe contrastare la tendenza di molti di questi paesi – India, Pakistan, Russia, Iran – che vedono l’Afghanistan come una sorta di scacchiera geopolitica su cui aumentare l’influenza o fare scacco matto ad un altro.

 

NECESSARIE OPERAZIONI  DI INTELLIGENCE

Infine, l’individuazione e la neutralizzazione di qualsiasi minaccia di terrorismo che sta mettendo nuove radici, dipenderà da come gli Stati Uniti possono passare da 20 anni di una presenza ravvicinata e ricca di risorse a operazioni a distanza, che sono molto più difficili. Ciò richiederà una solida raccolta di informazioni umane e tecniche, coordinate con capacità che vanno dai droni alle operazioni speciali lanciate da strutture al di fuori dell’Afghanistan e coordinate con i paesi di riferimento.

Tutto ciò è teoricamente fattibile. La realtà però è che il successo dell’antiterrorismo è quasi sempre il risultato di una rapida individuazione e una rapida risposta.

Nella mia ultima visita ufficiale in Afghanistan nel 2004, me ne sono andato con un senso di cauto ottimismo – conoscevo la reputazione di cimitero degli imperi del paese – ma i talebani erano stati sconfitti, avevamo al-Qaeda in fuga, e il paese aveva un presidente eletto. Ma un collega afgano mi aveva messo in guardia il giorno prima con un vecchio proverbio afgano: “Un fiore non fa primavera.” I successivi 17 anni hanno certamente provato questa profezia. (2-fine)


*Johns Hopkins School of Advanced International Studies (SAIS).
Già vicedirettore della Central Intelligence Agency -ottobre 2000/luglio 2004.

(traduzione a cura di Sofia Mazzei)

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