Le parole sono cose. A volte sono pietre che feriscono la dignità delle persone. Conte fa bene a ricordarlo ai nuovi 5 Stelle e fissa un principio: la violenza verbale va bandita. I seguaci di Grillo, imitando il loro fondatore, ne hanno fatto per anni un uso spregiudicato:hanno demonizzato gli avversari e infierito verbalmente sui social contro chi non la pensava come loro. Ora si chiude questa pagina vergognosa per la politica italiana.
“La cura delle parole, l’attenzione per il linguaggio adoperato sono importanti anche al fine di migliorare i legami di integrazione e di rafforzare la coesione sociale. Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti. La facilità di comunicare consentita dalle tecnologie digitali e alcune dinamiche innescate dal sistema dell’informazione non devono indurre a dichiarazioni irriflesse o alla superficialità di pensiero. Il dialogo profondo, il confronto rispettoso delle opinioni altrui contribuiscono ad arricchire la propria esperienza personale e l’esperienza culturale delle comunità di rispettiva appartenenza”.
Così recita il testo della Carta dei valori che, per il resto, non presenta grandi novità, se si eccettua una migliore definizione della democrazia rappresentativa e l’abbandono delle fumose utopie della democrazia diretta sognate da Casaleggio padre.
La memoria va alle piazze agitate da Grillo a suon di Vaffa, alle espressioni pesanti nei confronti di avversari politici pronunciate sui giornali, nei salotti televisivi e anche nelle aule parlamentari.
Quanti voti raccolti dai 5 stelle sono frutto anche di questa violenza verbale che ha gettato benzina sul fuoco dei peggiori istinti di un’opinione pubblica disorientata e a volte disperata?
Manicheismo e prepotenza
Per anni la stragrande maggioranza del gruppo dirigente grillino ha avuto il ghigno stampato sulle labbra. Per anni il dibattito con i 5 Stelle è stato impossibile perchè dalle roccaforti in cui si rinchiudevano venivano giù sventagliate di parole aggressive che riempivano di improperi il malcapitato interlocutore. Uno dei pilastri del populismo è proprio il mix di manicheismo e di prepotenza: ergersi a sedicenti incarnazioni del Bene, trattare gli altri come Male, non consentirgli di esprimere le loro idee, deriderli, inondarli di frasi piene di astio e di offese.
Negli ultimi due anni qualche segnale che il vento stesse cambiando nel lessico dei pentastellati si cominciava a intravvedere.
Di recente c’è stato un segnale di rispetto verso avversari ingiustamente mandati al rogo del giustizialismo con le scuse di Di Maio all’ex sindaco di Lodi Uggetti.
Ora Conte mette la parola fine a questa pagina ignobile della nostra storia politica. Una pagina che qualcuno non vorrebbe voltare e che farà di tutto per continuare a tenere aperta. E’ un buon inizio per il neo-designato presidente del Movimento e non è solo questione di garbo e stile.
Un bene per la democrazia italiana
Nella democrazia le parole contano. Il dibattito franco e appassionato è l’opposto delle offese, delle volgarità,della denigrazione e delegittimazione violenta dell’avversario.
Se il nuovo Movimento guidato da Conte riscoprirà il valore del rispetto dell’altro, della discussione e del confronto senza pregiudizi la democrazia italiana farà un bel passo avanti nel suo consolidamento e si potrà dire che forse il populismo sta finalmente per tramontare.
Speriamo che anche qualche altro leader politico faccia come Conte e indichi a se stesso, al proprio gruppo dirigente di smetterla di usare la lingua come un coltellaccio da brandire contro chi non è d’accordo con loro.