Il diritto all’oblio – ovvero la possibilità di ognuno a chiedere la cancellazione di notizie e fatti sul proprio conto presenti sul web – compie un ulteriore passo avanti.
Secondo una recentissima pronuncia della Corte dei diritti dell’Uomo, una notizia di scarso interesse, specie se risalente nel tempo e che non coinvolge personaggi delle istituzioni, può essere rimossa dal web o, comunque, resa “anonima”, cancellando ogni riferimento al protagonista della vicenda.
IL CASO SOTTOPOSTO ALLA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO
La Corte del Lussemburgo si è espressa in merito al ricorso di un automobilista che, più di 20 anni fa, aveva causato un incidente mortale. La notizia, a distanza di molti anni, era ancora presente sul web, e regolarmente indicizzata dai motori di ricerca non appena un qualsiasi utente inseriva come chiave di ricerca il nome e il cognome del malcapitato.
Anche nel caso di specie, in un’edizione cartacea del 1994, un articolo sul quotidiano belga Le Soir riportava un incidente stradale che aveva causato la morte di due persone e il ferimento di altre tre. L’articolo menzionava il nome completo dell’autista, condannato per l’accaduto sei anni più tardi. Dopo aver pagato il debito con la giustizia, l’autista-omicida lasciò il carcere nel 2006, ottenendo anche un provvedimento di riabilitazione.
LA DECISIONE DELLA CEDU
Peccato però che nel 2008 Le Soir creava una versione elettronica dei suoi archivi, mettendo a disposizione e accessibile a chiunque gratuitamente sul suo sito web proprio l’articolo dell’incidente. Nel 2010 il protagonista di questa vicenda chiedeva la rimozione dal web dell’articolo al quotidiano belga (o quantomeno di renderlo anonimo), richiesta rispedita al mittente dal giornale. Da qui il ricorso dell’automobilista e la difesa del quotidiano, sino a giungere al verdetto in Lussemburgo.
Secondo il giornale, rendere “anonima” una notizia avrebbe violato il rispetto dell’art. 10 della Convenzione, ovvero il diritto per il quotidiano della “liberta di espressione” in merito al fatto accaduto venti anni prima, senza subire ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.
La Corte, nella sua articolata sentenza, ha respinto ogni attentato alla libertà di espressione, ritenendo giusto il diritto per l’autista di vedere il proprio nome reso in forma anonima su un vecchio articolo di un fatto ormai non più di attualità, soprattutto in relazione al fatto che il protagonista della spiacevole vicenda non fosse un personaggio pubblico e, di conseguenza, non si è ravvisata la necessità per l’opinione pubblica di conoscere i dettagli del triste accaduto.