Sostiene Minouche Shafik, Direttrice della London School of Economics and Political Science e una vita passata tra Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Banca d’Inghilterra, che ogni società ha nell’educazione il perno centrale del contratto sociale. Questo spiegherebbe, per esempio, la determinazione dei genitori nel dare il miglior avvio possibile alla vita adulta dei propri figli attraverso l’istruzione.
Studiare? Meglio che investire in borsa
A scorrere le pagine del suo ultimo libro, What we owe each other. A new social contract, si resta molto colpiti da alcune evidenze scientifiche portate a supporto del suo ragionamento. Una di queste ci dice che ogni anno d’istruzione in più renderebbe allo studente in media il 10% nella sua vita adulta. Per dare un peso al numero basti pensare che, sottolinea la Shafik, il rendimento medio della borsa newyorkese è stato, dal 1957 a oggi, l’8%.
I dati Invalsi e l’addizionale sociale
Letti anche da questa prospettiva i dati Invalsi rilasciati nei giorni scorsi fanno impressione. Dall’inizio della pandemia, gli anni persi dai nostri studenti in modalità DAD sono molti più di due se al momento dell’esame di maturità 9 studenti su 10 possiedono competenze pari a quelle di uno studente di terza media. Situazione cui si aggiunge l’incremento dell’abbandono scolastico con punte di oltre il 22% in Calabria e del 20% in Campania, in quella che somiglia a una vera e propria addizionale sul divario sociale.
Il costo principale è quello di smettere di imparare a imparare, che rappresenta il reale nocciolo della questione. Infatti, oltre alle competenze di base come leggere, scrivere e fare di conto, è lo sforzo mentale richiesto per essere critici a equipaggiarci per continuare ad acquisire conoscenze nel corso della vita. In questo processo la figura del docente, a fianco dello studente, è essenziale. E la distanza non aiuta. Anzi. Parafrasando un bel libro di Erri de Luca, è come se venisse meno la possibilità di portare lo sguardo in alto a sinistra, ovvero quel posto nella pagina dove la storia continua.
L’educazione al centro dell’agenda delle Nazioni Unite
Nel loro sforzo di costruire un mondo più equo e inclusivo entro il 2030, le Nazioni Unite hanno dedicato all’educazione un obiettivo specifico tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E questa settimana, 85 Ministri per l’Istruzione provenienti da tutto il mondo si sono incontrati per parlarne a Parigi in un meeting organizzato dall’Unesco al fine di migliorare la cooperazione globale per gestire gli effetti devastanti del COVID-19 sull’educazione e mettere l’istruzione al centro delle agende politiche. L’Italia non sedeva al tavolo, assente insieme ai Paesi dell’Europa occidentale e agli Stati Uniti. Forse un’occasione persa.