La forte domanda di acciaio sui mercati fa impennare produzione e prezzi. Per l’Ilva sarebbe un momento di grande ripresa nella realtà l’incertezza domina ad iniziare dalla sorte dei lavoratori. Non c’è un solo sito dell’Ilva dove sia stato raggiunto un accordo con i lavoratori. A denunciato è la Fiom Cgil, che contesta la richiesta di cassa integrazione da parte della società.
Richiesta che anche il Governo ha avallato con l’obiettivo però di iniziare “un confronto di merito sulle prospettive e sulle scelte industriali”, sottolinea la segreteria nazionale della Fiom, Francesca Re David, “ambientali e occupazionali dell’insieme del gruppo che prepari le condizioni per un accordo sindacale, peraltro previsto come vincolo nella procedura di vendita”.
Per la Federazione degli operai metalmeccanici si riconferma una totale incertezza rispetto alla prospettive del piano industriale che devono essere verificate alla luce del completamento degli assetti societari e dell’insediamento formale del nuovo Cda di Acciaierie d’Italia previsto per il 21 luglio. Per la Fiom c’è un paradosso, l’amministratore delegato dell’Ilva, Morselli ha dichiarato di considerare scaduto l’accordo del 6 settembre 2018 per le parti che si riferiscono al trattamento economico, ed in particolare alla norma transitoria sull’erogazione una tantum del 3% del premio di risultato, e ha anche ribadito l’indisponibilità alla maturazione dei ratei e all’integrazione salariale della cassa con risorse proprie. Questo in una situazione in cui “il primo semestre di quest’anno ha segnato il ritorno per la prima volta da tanto tempo all’utile netto”, così come dichiarato recentemente dall’amministratore delegato stesso.
“È inaccettabile”, osserva Re David, “mettere insieme incertezze sulle prospettive che durerà ancora nei prossimi mesi e una condizione che scarica sulla decurtazione del salario dei lavoratori responsabilità e ritardi dell’azienda e del Governo. Per questo chiediamo il rispetto degli accordi e riconfermiamo la necessità di integrare il reddito dei lavoratori in cassa, che peraltro dall’inizio della pandemia è completamente gratuita per le imprese”.