“Difenderemo lo stesso le donne”, garantisce il governo turco con la mano sinistra, mentre con la destra cancella la propria adesione al trattato di Istanbul, sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne che ritiene non sufficientemente rispettoso dei valori della famiglia tradizionale. Quella naturalmente che ha in mente Erdogan.
Ancora offeso dalle parole di Draghi che lo ha definito un “dittatore” in occasione, guarda caso, di una sua profonda mancanza di rispetto e riconoscimento di ruolo apicale in politica di una donna, Ursula von der Leyen. Per questo le donne turche non ci stanno e scendono in piazza, contro governo che vuole mettere sempre più freni a quello che considera il pericolo di “troppa democrazia”.
I principi affermati nel Trattato
Così, mentre il Consiglio europeo e i Paesi del G20 si professano sempre più convinti nel difendere i valori di giustizia, libertà, solidarietà e di dover combattere le disuguaglianze nel mondo, i nostri vicini di casa vanno indietro come i gamberi sul piano dei diritti civili e sociali. Il Trattato di Istanbul rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, firmato nel 2011 proprio nella metropoli turca, pensato per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, incentrato sulla prevenzione della violenza domestica e sulla promozione dell’uguaglianza e pari opportunità fra i due sessi.
In Turchia crescono i femminicidi e gli abusi sulle donne
“Incita al divorzio e indebolisce la famiglia”, “siamo già impegnati nel contrasto alla violenza di genere”, sono le risposte turche alla dura condanna degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Il report di ‘We Will Stop Femicides’ dimostra, però, esattamente il contrario. Solo nel 2020 sono stati 300 i casi di femminicidi accertati e 131 le morti sospette di donne, mentre nei primi tre mesi del 2021 le donne uccise sono state 79, con 45 morti sospette. Parliamo di quasi una donna uccisa al giorno. A influenzare la decisione di Erdogan probabilmente è stato il calo dei consensi che lo ha spinto ad essere sempre più legato a una visione fondamentalista dell’Islam e a ricercare il favore dell’elettorato più ortodosso e le lobby più integraliste. L’Akp ha, quindi, intensificato la sua crociata contro l’aborto e i metodi contraccettivi – “il vero musulmano non li deve usare” -, mentre chi si rifiuta di diventare madre è stata definita persona incompleta. Dulcis in fundo, “uomo e donna non possono essere considerati uguali”, ha dichiarato pubblicamente e senza mezzi termini Erdogan. Legittima, quindi, la domanda di come sia possibile prendere anche solo in considerazione la richiesta di adesione della Turchia alla Ue e su quali basi pensiamo possano essere nostri partner affidabili, dal punto di vista umano, nel controllo dei flussi migratori. E la stessa storia della Libia che si ripete.