Come sempre, a supporto delle richieste di sanatoria si raffigura una situazione fuori controllo. La macchina erariale è inceppata, sia per quel che riguarda le regole, sia per quel che concerne la loro applicazione e la risoluzione delle controversie: per il primo aspetto, il Governo e la sua floridissima decretazione hanno da molti anni preso il sopravvento sul Parlamento, e non si può dire che questo abbia giovato all’organicità del sistema tributario.
L’Amministrazione ha dapprima visto la concentrazione di funzioni e di poteri in capo all’Agenzia delle Entrate, con risultati fino a un certo punto anche molto incoraggianti, salvo poi assistere, già prima del COVID, a problemi di organico e constatare la persistenza di limitazioni operative, specie per la riscossione, che hanno poi condotto a risultati insoddisfacenti, almeno per i contribuenti onesti.
La giustizia tributaria, d’altro canto, non si presenta molto meglio, da un lato sovraccarica, nonostante le ancora recenti sanatorie e la diminuzione degli accertamenti, con giudizi di cassazione che attendono per anni la fissazione dell’udienza e, dall’altro, con orientamenti giurisprudenziali che – a volte giustamente, altre meno – sono spesso criticati da contribuenti e addetti ai lavori, mentre non è sempre chiaro se il giudizio di cassazione sia un vero e proprio giudizio di legittimità o un terzo grado di giudizio nel quale si debba rimediare alle decisioni dei giudici di merito (più spesso pro che contro il Fisco).
Ancora di recente il Direttore Ruffini ha lamentato la sostanziale inesigibilità di una mole tale di crediti tributari da far rabbrividire; una pulizia del bilancio si impone, anche per concentrare le risorse e migliorarne l’efficacia, sia in fase di accertamento sia in fase di riscossione. Le pendenze in Cassazione superano i 50.000 fascicoli. Ma l’unica alternativa a disposizione di Draghi rispetto a una (ennesima) sanatoria di ruoli e processi pendenti è un lavoro di medio-lungo termine che finalmente investendo nelle organizzazioni amministrativa e giudiziaria, e quindi sulle persone che ne fanno parte, consenta di smaltire l’arretrato, senza scappatoie, stralci e sconti, assorbendo in via ordinaria i nuovi flussi di lavoro. A proposito dei quali desta crescente preoccupazione l’ulteriore (ultima?) proroga dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento da parte dell’Agenzia. E’ evidente che, anche per queste, si imporranno accorgimenti specifici, quantomeno nella tempistica delle rateazioni (già oggi in alcuni casi piuttosto ampie).
Di incoraggiante c’è che, rispetto a pochi anni fa, un Fisco ammodernato e con personale adeguatamente attrezzato e motivato avrà a disposizione banche dati e software di potenza inaudita: se si saprà utilizzare tutti questi dati, il numero delle verifiche potrà davvero diminuire, alleviando anche i costi indiretti cui sono sottoposti i contribuenti, ma aumentare in termini di efficienza e di recupero (effettivo!).
Ultima novità, su questo fronte, è la chiamata alle armi dei professionisti del settore. Sulla scorta di meccanismi che negli USA sono in vigore da molti anni, il recepimento in Italia della direttiva UE “DAC 6”, infatti, pone in capo ai consulenti del contribuente – oltre che in capo al contribuente stesso – l’obbligo di segnalare al Fisco le pratiche di pianificazione fiscale “aggressiva”, che comportino quindi il rischio di perdite di gettito attraverso arbitraggi fiscali internazionali od ostacolino le attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, per esempio nascondendo l’identità dei titolari di attività finanziarie e patrimoniali estere e frustrando gli scambi di informazioni tra le amministrazioni tributarie.
Se è vero che l’Italia ha sinora recepito la direttiva limitandone il campo di applicazione alle sole operazioni transfrontaliere, è anche vero che altri partner europei hanno invece generalizzato il meccanismo e non è quindi escluso che dopo un primo rodaggio anche da noi si estendano gli obblighi di segnalazione anche alle operazioni domestiche. Ad avvocati, notai, commercialisti e consulenti che assistono i contribuenti nei loro rapporti con il Fisco si ricorda quindi che fanno parte di una società e sono prima di tutto membri della comunità e che il loro ruolo deve svolgersi nell’ambito di regole condivise e nell’ottica di una legittima dialettica, a volte anche aspra, con l’ente impositore, ma senza sotterfugi o abusi.
Nel contesto attuale, di sostanziale e prolungata tregua fiscale, nella quale sono sospese le attività di riscossione forzata, diradati gli accertamenti e l’attenzione dell’apparato statale è più dedicata al dare che al riscuotere, potrà forse suonare stonato parlare di una chiamata alle armi dei professionisti nella lotta all’evasione, e certamente sono comprensibili le doglianze per un nuovo adempimento burocratico scaricato sui privati. Tuttavia, le tregue hanno sempre una fine e seppure questa fine coincidesse con una nuova “pace” fiscale, è inevitabile che nel giro di uno o due anni dalla fine della pandemia i numeri che tutto comandano facciano sentire il loro peso e che ripartano quindi verifiche e accertamenti. I nodi, prima o poi, verranno al pettine per tutti.