Al momento la variante indiana, classificata come Delta, non costituisce un particolare pericolo per l’Italia. A patto di continuare con le attività di tracciamento dei casi e isolamento dei contatti”.
Così, in un’intervista al Corriere della Sera, Anna Teresa Palamara, da poco nominata a capo del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Il suo primo cimento è proprio il nuovo ceppo del Sars-CoV-2. Contro la minaccia delle mutazioni virali sta partendo la rete italiana anti-epidemica (Ria), un’unica piattaforma pubblica per la sorveglianza, il sequenziamento, il monitoraggio e la ricerca dedicate a questa emergenza e a quelle che verranno. Uno strumento che include l’iniziale progetto del Consorzio per il sequenziamento, annunciato a gennaio.
“Abbiamo lavorato intensamente – spiega – per mettere a punto col ministero della Salute e la struttura commissariale coordinata dal generale Figliuolo un presidio di contrasto alla pandemia che vuole diventare permanente per scongiurare le prossime emergenze. Sono coinvolti i laboratori di microbiologia presenti sul nostro territorio. È un network che permetterà di lavorare tutti insieme e di garantire un’azione di sorveglianza equilibrata in tutte le Regioni. Obiettivo principale, individuare precocemente le varianti e arrivare a sequenziare il 5% dei campioni positivi nei periodi ad alta circolazione del virus e il 20% in quelli a bassa circolazione”.
“Il Sars-CoV-2 muta in continuazione – aggiunge -. Per il virus è un comportamento normale. Con una rete di monitoraggio sapremo distinguere le varianti pericolose e mettere in campo rapidamente le contromisure in modo da circoscrivere i focolai”. Ed in merito alla Delta, dice: “In Italia il numero dei casi è contenuto e circoscritto a focolai che fortunatamente sono tutti legati a positivi asintomatici. Questo fa ben sperare. Attualmente la variante predominante è la alfa, l’inglese, identificata nell’80% dei casi. La Delta è sotto l’1%”. “Anche la Delta mostra una mutazione nel gene della Spike, la proteina che il virus utilizza per legarsi alle cellule umane. È più contagiosa ma non più aggressiva in quanto a severità della malattia. Le 4 varianti finora emerse hanno mostrato le stesse caratteristiche. Di solito i virus evolvono per adattarsi all’ospite, l’uomo. Il loro obiettivo è sopravvivere senza danneggiarlo. Ma il nostro sistema immunitario non resta a guardare, si adatta al nuovo virus, gli anticorpi si aggiornano per contrastarlo”.
“Mai sottovalutare questo virus – conclude -. Il vaccino però è una protezione affidabile: due dosi conferiscono una protezione importante, pur infettandosi si evita la malattia severa. Ciò non significa sentirsi autorizzati ad abbassare la guardia. Togliere la mascherina all’aperto può avere un senso in una fase di bassa circolazione epidemica, nei luoghi chiusi però proteggiamoci”.