La pandemia ha svuotato piazza San Marco e non solo. Mi è bastato gettare un occhio su Londra per rendermi conto del valore dei turisti. Strade pressoché deserte. Il mantra che va per la maggiore un po’ ovunque è ricostruire e farlo meglio di prima.
RICOSTRUIRE. MA COME?
La chiamano resilienza, ovvero la capacità di far fronte alle avversità e alle incertezze al fine di ritornare allo stato di partenza. Non c’è niente di più reazionario, a pensarci bene. In fondo, fa parte del nostro spirito di sopravvivenza.
Tuttavia, conservare pone anche delle domande molto concrete. Talvolta scomode. Del tipo: come ritornare a regime in un settore come quello turistico che a livello mondo occupava 1 lavoratore su 10 prima della pandemia?
Bella domanda. Anche perché bisogna fare attenzione ai costi sociali della ricostruzione. Sottolinea il Professor Novy, esperto di Pianificazione Urbana presso l’Università di Westminster, che fare affidamento sul concetto di resilienza potrebbe, infatti, essere molto rischioso.
LA LEZIONE DI KATRINA
Prendiamo per esempio, il suo ragionamento, l’impatto che tornare alla condizione di partenza, ovvero a parità di disuguaglianze, potrebbe avere su fette delle società già fragili prima della pandemia e ancora più impoverite dalla pandemia.
L’esperienza della ricostruzione del dopo uragano Katrina ci dà qualche indicazione allarmante in merito, come conferma un recente studio. Il motivo? Aver privilegiato il guadagno a breve piuttosto che aver fatto attenzione alle fasce più emarginate della popolazione.
Questo è accaduto perché l’attenzione della politica è stata più orientata alla promessa di ricchezza che al reale stato di benessere collettivo. Il che automaticamente pone una questione su cosa ci possiamo permettere e di conseguenza quali promesse il politico può permettersi, eticamente, di fare.
L’ESEMPIO DI AMSTERDAM
In questo senso un’alternativa viene da una delle città che attrae più turisti da tutto il mondo, Amsterdam, la quale sembrerebbe anche la prima ad avere abbracciato i principi della Doughnut Economics per pianificare il proprio futuro.
Infatti, la città olandese ha messo al centro i bisogni dei propri cittadini e la sostenibilità ambientale invece che la crescita economica a tutti i costi, privilegiando da un lato la riduzione delle emissioni e, dall’altro, la risoluzione della crisi abitativa della città aumentando, nel contempo, le tasse che i turisti pagano per i pernottamenti e le sanzioni per i comportamenti che deviano dal comune vivere civile.
Come andrà a finire? È presto per dirlo. Tuttavia si tratta di un caso che offre un interessante spunto di riflessione per percorrere un’altra via. Ammesso che lo si voglia.