Svolta “storica” sulla strada d’una maggiore equita’ globale nella tassazione delle grandi aziende, destinata a garantire risorse a paesi e governi alle prese con l’esigenza di continuare a usare la leva dell’intervento pubblico per sostenere la ripresa post-Covid. E’ il risultato chiave della riunione dei ministri finanziari del G7 chiusasi giorni fa a Londra nelle cui conclusioni e’ stata rimarcata la volonta’ di insistere nella strategia di politiche economiche ‘espansive’ per tutto il tempo che sara’ necessario a uscire dalla crisi. Lo scrive il quotidiano del Ticino La Regione. Si tratta di un’intesa fondata su due pilastri: l’introduzione del principio di un’aliquota globale minima del 15% per le grandi imprese, da applicare paese per paese in modo da allontanare gli eccessi di concorrenza sleale; e quella di una stretta sull’elusione che dovrebbe riguardare anche e soprattutto i big Usa del tech (non citati espressamente, ma evidentemente compresi fra le multinazionali di spicco) con l’imposizione di tasse sul 20% degli utili oltre la soglia del 10% di profitto da “riallocare nei paesi in cui si effettuano le vendite”.
Un sistema che a regime dovrebbe portare miliardi di euro in piu’ nelle casse di tanti Stati; costringere colossi come Amazon, Facebook, Google o Microsoft a versare complessivamente di piu’.
Il sostegno dei ministri delle finanze del G7 a una tassa minima globale del 15% per le grandi imprese non e’ una buona notizia per la Svizzera, secondo due economisti intervistati dai media. Alcuni cantoni saranno sotto pressione. “I paradisi fiscali, spesso Stati molto piccoli, soffriranno”, ha detto Jan-Egbert Sturm, professore di economia al Politecnico federale di Zurigo. Questi paesi dovranno trovare una soluzione per rimanere attrattivi. Anche la Svizzera dovra’ adeguarsi a questa decisione, ha aggiunto.
L’economista prevede una maggiore armonizzazione fiscale in Svizzera se entrera’ in vigore la tassa minima globale. “La concorrenza fiscale tra i cantoni sara’ ridotta. Alcuni settori economici potrebbero migrare, specialmente il settore delle materie prime, che puo’ condurre i suoi affari ovunque. Tuttavia, Sturm non vede gravi conseguenze per la Svizzera. Per un imprenditore, spiega, la pressione fiscale e’ solo uno dei tanti criteri che determinano la scelta di un investimento e di una localita’. Christoph Schaltegger, professore di economia all’Universita’ di Lucerna e di San Gallo, vede anche “un certo rischio” per i cantoni meglio posizionati fiscalmente, in particolare quelli della Svizzera centrale. Dovranno forse alzare le imposte. Il professore non crede che le grandi societa’ commerciali pagheranno piu’ tasse sui loro profitti con un’aliquota fiscale minima globale.
“Alla fine, avremo probabilmente un sistema fiscale diverso, aliquote fiscali piu’ alte, ma una base imponibile meno compatta.” La pressione politica, ha detto, indurra’ molte aziende a cercare di approfittare di nuove regole di ammortamento o di statuti fiscali speciali. Il ministro delle finanze svizzero Ueli Maurer non ha finora commentato la decisione. In aprile, il Consiglio federale aveva detto di non vedere grandi inconvenienti per la Svizzera e ha sottolineato che un’aliquota fiscale minima globale dovrebbe tenere conto delle alte tasse ambientali pagate dalle aziende.