Salvare il Mediterraneo significa portare in salvo l’Europa, i sui valori culturali, materiali e anche spirituali. C’è un legame profondo che unisce i popoli che vi abitano con civiltà, idee e progetti che possono essere condivisi. Su queste idee si fonda il dialogo interculturale come uno strumento per sostenere il processo di cooperazione contro il cambiamento climatico nella regione del Mediterraneo.
È il pensiero che accomuna le iniziative del “How Intercultural Dialogue could address Climate Change?”, organizzato dalla Fondazione Anna Lindh come parte della Maratona virtuale per il dialogo nella regione EuroMed, con decine di attività online in programma fino al 29 giugno. Le prime iniziative hanno già ottenuto un largo seguito con un insieme di proposte. L’obiettivo è ricordare l’importanza del dialogo interculturale per costruire società sostenibili nella regione EuroMed.
“Verso questo obiettivo”, sottolinea una nota, “oltre ad un ricco programma di attività della società civile e dei partner, una serie di Settimanali Dialoghi virtuali pubblici settimanali organizzati dalla Fondazione Anna Lindh sono stati progettati per stimolare un’ampia conversazione e la riflessione su questioni significative che hanno un impatto sulle percezioni reciproche tra le persone della regione e un’azione congiunta per affrontare le sfide sociali e culturali che colpiscono le società del Nord, Sud, Est e Ovest del Mediterraneo”. Numerosi i protagonisti delle varie sessioni, tra questi:
Eleonora Insalaco della Fondazione Anna Lindh, Sergi Nuss dell’Università di Girona, Gilda Catalano dell’Università della Calabria, Ahmed Yassin dell’organizzazione egiziana Banlastic, Marco Musso dell’onlus ComeUnaMarea, Raniah Alsayed dell’ong egiziana Alwan wa awtar e Sahar Mahfouz della Makassed Abs Cambridge International School in Libano. E Aissam Benaissa di Connect NordAfrika, che ha il ruolo di moderatore degli incontri.
“Quello che vediamo nel Mediterraneo con i flussi migratori è molto drammatico”, evidenzia Sergi Nuss, “Spero che il dialogo interculturale possa aiutarci a essere più empatici come società verso coloro che hanno la necessità di lasciare le loro case per un futuro migliore, e ci faccia aprire le porte a queste persone”. Il progetto prevede una valorizzazione dei temi e proposte dei movimenti dal basso, dell’impegno della società civile e dell’educazione nell’innescare cambiamenti per un maggiore rispetto dell’ambiente. “Il dialogo ha il potere di modificare la percezione delle persone per capire che possono fare qualcosa su questa crisi, e condividere pratiche dal loro background culturale”, sottolinea Raniah Alsayed. Marco Musso. Pone l’accento sugli educatori Sahar Mahfouz perché hanno il potere di “responsabilizzare giovani agenti del cambiamento sostenibile, per affrontare le sfide del cambiamento climatico”.