Sulla tenuta del Governo Draghi sembra gravare l’ombra di una variabile negativa. Contrariamente ad ogni ipotesi finora avanzata, questa variabile è rappresentata dal Partito Democratico. Inizialmente, si era posto come vero garante di una così larga maggioranza. Ma qualcosa è cambiato.
Basta guardare alle più recenti prese di posizione del segretario Letta, ormai visibilmente impegnato a ridisegnare un profilo e un itinerario di sinistra per il suo partito, fino a farne un soggetto politico di Governo, ma anche di lotta, come era definito il vecchio partito comunista.
Un partito di lotta, però, su temi identitari elitari e divisivi: le questioni di genere rispetto alla definizione tradizionale della distinzione tra i sessi, le sollecitazioni per superare criteri e norme sul diritto di cittadinanza per chiunque arrivi nel nostro Paese o, ancora, le ipotesi di superamento quasi imminente del regime ostativo ai licenziamenti e infine, la riforma fiscale che riveda la delicata materia delle successioni.
TERMINI E MODI SBAGLIATI
Si tratta di questioni di per se anche giuste, ma poste in termini e modi e tempi sbagliati, soprattutto perché ognuna di esse, se risolta secondo le indicazioni del segretario del PD, potrebbe porre seri problemi sull’itinerario, appena avviato, per intercettare i fondi europei del Recovery.
In una maggioranza eterogenea e composita, come l’attuale, ma alla quale non appaiono alternative credibili, questo insieme di richieste potrebbero avere un effetto deflagrante perché esaspererebbero le differenze esistenti e porrebbero lo stesso Draghi in una condizione molto difficile.
Ci si attendeva da Letta, che ha ascendenze democristiane e che è stato, per volontà del compianto Franco Marini, vicesegretario del partito popolare nato dopo la brutale eutanasia della DC nel fosco tempo di tangentopoli, una testimonianza e una linea politica ispirata al riformismo e non questa deriva verso una sinistra barricadera, di lotta e non di mediazione costruttiva.
Il disagio è evidente, di conseguenza, proprio in gran parte dei PD legati alla tradizione e all’esperienza democristiana, ma sono eloquenti su alcune delle materie del contendere anche i silenzi imbarazzati dei più autorevoli esponenti del M5S: un partito che rischia di implodere e che perciò ha bisogno di un periodo sufficiente di stabilità.
L’unico beneficiario, paradossalmente, del sinistrismo di Letta, è proprio quel Salvini di cui egli denunciava l’affidabilità fino a chiederne l’allontanamento dalla maggioranza di Governo.