Sui debiti di famiglie e imprese si faccia una operazione verità. Dei 955 miliardi inesigibili dall’Agenzia delle entrate i piccoli morosi sono una quota marginale e non hanno colpa del disastro, ma sono condannati alla emarginazione finanziaria.
I conti del fisco e della Centrale rischi finanziari sono tristemente chiari e dimostrano nella loro crudezza che invertire le rotta è impossibile senza una cancellazione del pregresso. I numeri parlano chiaro.
Le cartelle esattoriali ammontano a 955 miliardi di euro. In tutto – ad aprile 2020 – sono 17,4 milioni i contribuenti italiani che hanno un “conto aperto” con il Fisco. Circa il 40% delle somme è difficilmente recuperabile. A dirlo è il direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini. Il problema, con l’aggravarsi di pandemia, condizioni sanitarie e del lavoro, diventerà esponenziale.
I 954,7 miliardi di euro, accumulati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2019 cioè non considerano alcune voci annullate in seguito a provvedimenti, come saldo e stralcio o rottamazione. Chi non ha pagato il fisco? È una operazione verità che va fatta.
PICCOLI DEBITORI
Eccola: la maggior parte dei contribuenti interessati, il 45,4%, ha debiti residui inferiori a 1.000 euro. Cioè persone e famiglie con debiti con il fisco per solo mille euro. Bisogna fare attenzione su queste cifre, perché le cartelle sotto i mille euro compongono solo l’1,8% del valore complessivo.
La parte più importante del magazzino dei crediti maturati dall’Agenzia è composta da debiti residui superiori a 500 mila euro, che interessano però solo l’1,3% dei contribuenti. In altri versi le famiglie, le piccole imprese e chi lavora non hanno causato il disastro dei 954 miliardi di euro che lo Stato non incassa. Sono magari loro le vittime di un sistema che mette tutto insieme e non riesce a discernere chi ha creato un vero danno e chi nelle difficoltà non è riuscito a stare dietro al pagamento di qualche bolletta. Altro capitolo quello della Centrale rischi finanziari, non è la prima volta che lo sottolineiamo, che opera con una discrezione tale da decretare vita e morte economica e finanziaria di imprese e cittadini.
UN TERZO DEGLI ITALIANI SEGNALATI “CATTIVI PAGATORI”
Ad oggi risultano oltre 16 milioni di Italiani segnalati nelle banche come cattivi pagatori. Si resta per giunta impigliati comunque nelle segnalazioni, secondo alcune fonti circa 6 milioni di persone, pur avendo regolarizzato la propria posizione debitoria. Eppure sono ancora indicati come cattivi pagatori. Un marchio di una sorta di infamia economica che macchia e blocca ogni possibilità di avere un nuovo sostegno finanziario, che mette alle corde piccole imprese e famiglie. Persone che non potranno più avere la possibilità di accedere per anni ad un qualsiasi finanziamento ma anche il concreto rischio di vedere il conto corrente chiuso dalla banca. Si tratta di situazioni dove il cittadino viene lasciato solo in balia di istituzioni private sulle quali lo Stato appare ininfluente. Il patto infatti si basa su una stretta sinergia tra privati: Crif, Banche e Finanziarie, che diventano inaccessibili a chi chiede spiegazioni dovute o che contesta dati, pagamenti e segnalazioni. Si tratta spesso di un abuso che ha poi impatti drammatici sulle persone.