Ci attende un anno di grandi decisioni istituzionali. Ci sono le emergenze da superare, l’elezione del Presidente della Repubblica, il voto. Il Parlamento sarà dimezzato. Serve unire le forze moderate per un grande progetto di centro popolare per il Paese. Lavoriamo affinché uomini e donne con valori, idee e proposte ambientali, sociali e cattoliche siano i cardini della prossima legislatura.
I prossimi mesi per la politica saranno tutto d’un fiato. Le emergenze sono rutilanti: pandemia, lavoro, Piano di rinascita, il rilancio dell’economia. A gennaio con la fine del semestre bianco, il dibattito Parlamentare subirà una improvvisa accelerazione. Tutto si concentrerà sulla elezione del Presidente della Repubblica. In questo scenario il voto è alle porte. Non sarà una tornata elettorale semplice, e lo sanno per prima i parlamentari. Molti ritorneranno a casa, e tra questi ad essere tra i primi inghiottiti dalla fine dell’esperienza istituzionale e tornare nell’anonimato saranno buona parte dei parlamentari 5S. Per contrappasso proprio quelli che hanno voluto il taglio dei posti e che ora rumoreggiano scontenti di essere finiti nel labirinto delle loro decisioni. La prossima legislatura si aprirà con la riduzione dei parlamentari da 945 a 600 (400+200). I deputati passeranno da 630 a 400 mentre i senatori da 315 a 200. I collegi saranno ridotti allo stesso modo. Tutti gli attuali partiti, anche se promettono nuovi seggi, saranno costretti ad operare tagli di propri parlamentari attualmente in carica. Noi eravamo contrari a questo taglio perché era evidente che si era stabilità una assurda formula: parlamentari uguali spreco economico. Una idea insensata che riduceva la rappresentanza democratica a inutile spesa. Peggio ancora sarà in un prossimo futuro il rapporto tra gli elettori e gli eletti.
Il risultato varia da regione a regione, ma a grandi linee ovunque ci sarà un rapporto di 150mila abitanti per seggio elettorale alla Camera, e uno ogni 300mila al Senato. Quindi si aprirà un vuoto di rapporti nei territori dove gli eletti rimarranno totalmente sconosciuti agli stessi elettori. Potrà funzionare un meccanismo democratico ed istituzionale così congegnato? Noi crediamo di no. I motivi sono semplici perché l’Italia, piaccia o non piaccia, è fatta di campanili, di entità geografiche, sociali e storiche che hanno una loro forte identità. Inoltre, chi vota vuole avere un rapporto di conoscenza e fiducia con il proprio rappresentate politico ed istituzionale. Infine chi potrà fare politica ed essere eletto? Solo chi ha disponibilità economiche ragguardevoli, e chi può giovarsi di mezzi di comunicazione capaci di raggiungere centinaia di migliaia di persone. La legge ora comunque c’è e va rispettata. Per questo l’unico modo per far tornare centrale la politica nelle aspettative dei cittadini è il ritorno alla preferenza elettorale. Dare loro almeno la possibilità di scegliere chi vuole mandare in parlamento. Chi meglio può rappresentare interessi e impegni dei territori. In chiave istituzionale, invece, torniamo a ribadire la nostra proposta.
Serve una nuova offerta politica moderata, centrista, capace di attrarre consensi su proposte chiare, concrete sul piano sociale ed economico e che non abbia onorevoli fardelli da soddisfare. Serve che in Parlamento si realizzi un gruppo politico ampio, inclusivo che sia espressione di esperienze di cultura cattolica, ambientale, sociale, popolare. Che valorizzi uomini e donne che in questi anni sono stati al centro di iniziative di impegno sociale, politico, ecologista e civile. L’Italia ha bisogno di queste personalità, ne ha una forte necessità la politica e la società. Un grande patto istituzionale per il presente e il futuro. Nessun Piano ad iniziare da quello del Premier Draghi, che avrà effetto nel prossimo anno, potrà prescindere da una visione parlamentare, coesa, forte e libera. Lavoriamo affinché il valore di idee e proposte ambientali, sociali e cattoliche siano i cardini della prossima legislatura.