Cosa accadrà tra un anno? Come andrà l’economia? E, soprattutto le imprese riusciranno a tener testa alla crisi? Sono gli interrogativi a cui Confindustria ha dato delle risposte, calcolando uno scenario economico dove a settembre l’80% dei cittadini sarà vaccinato. Il documento è stato presentato alla Camera a supporto della definizione del Documento di economia e finanza 2021, il tema è quello dello “scenario macroeconomico per io 2021-2022”. C’è da rilevare che l’analisi degli industriali coincide con una analoga proiezione fatta dalla Documento economico e finanziario del Governo. Nel merito l’analisi della Confederazione è tutta incentrata sulle imprese e le difficoltà che incontreranno. “Il contesto attuale pone problematiche di breve e di lungo periodo”, si legge nel documento confindustriale.
“Nel breve periodo queste riguardano: il crollo dei cash flow (utile al netto delle tasse e degli interessi) delle imprese nell’ultimo anno”. Un crollo che innescherà un problema di liquidità che può diventare di solvibilità finanziaria. Per questo per gli industriali alle imprese vanno date “misure adeguate”, ed è importante “mantenere tali misure fino all’uscita dalla crisi come indica il DEF”. I pericoli di una mancanza di liquidità e un blocco di attività però rimangono, infatti segnala Confindustria “a rischio la sopravvivenza anche di quelle imprese che prima dell’epidemia avevano bilanci e prospettive solide. I sostegni sinora hanno svantaggiato le imprese più strutturate.
CAMBIARE ROTTA
Il Governo”, scrive il Centro studi, “con il prossimo scostamento di bilancio intende cambiare rotta e tenere conto oltre che del fatturato anche dei costi fissi non indennizzati sostenuti dalle imprese”. Il peso che frena le imprese si chiama debito e sarà il tema centrale per i prossimi mesi. “La crescita del “peso del debito” per le imprese italiane dovuto al maggior ricorso ai prestiti”, fa presente la nota, “Come correttamente indica il DEF, occorre mettere in campo misure in grado di creare un contesto favorevole alla patrimonializzazione delle imprese”. C’è poi lo scenario internazionale che condizionerà pesantemente l’economia nazionale e delle imprese.
“L’impennata dei prezzi internazionali delle commodity sta peggiorando ulteriormente i cash flow delle imprese industriali che non stanno scaricando i rincari sui prezzi”, osserva Confindustria che calcola anche come la crisi abbia prodotto disoccupazione: “Negli ultimi 12 mesi si è ridotto di quasi un milione il numero degli occupati e sono molto forti i divari tra settori nel recupero dei livelli di input di lavoro pre-Covid”. La svolta, tuttavia, può esserci, per questo è necessario favorire le transizioni occupazionali da “settori/imprese in difficoltà verso settori/imprese in crescita rafforzando gli strumenti per la riqualificazione professionale per far crescere l’occupabilità dei lavoratori, accanto a quelli di sostegno al reddito”, propone il Centro Studi della Confederazione. Lo scenario per i prossimi mesi, comunque, rimarrà segnato da molteplici difficoltà.
“Il principale problema di lungo periodo riguarda la bassa crescita riflesso della bassa dinamica della produttività”, sottolinea Confindustria che ricorda come il Paese abbia perso terreno di fronte ad altre economie europee, “in 20 anni l’Italia ha cumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto alla Germania”.
Il programma Next Generation EU, con i miliardi che saranno assegnati all’Italia, “è una grande occasione per realizzare una strategia coerente in cui gli investimenti a sostegno dell’economia sono accompagnati da riforme strutturali adeguate. In primis quella della pubblica amministrazione”. Confindustria, chiude la sua relazione con un interrogativo. Ossia quali saranno le mosse del Governo e in che direzione andranno? Per ora c’è sintonia perché le indicazioni emerse appaiono in linea con i problemi indicati dagli industriali,
“Le intenzioni del Governo vanno in questa direzione ma ancora non sappiamo come verranno spese e gestite dalla PA le risorse europee”, conclude l’analisi del Centro studi, “Sull’implementazione del PNRR, l’Italia gioca la sua credibilità e, visto l’alto debito che ha, il suo futuro”.