Le difficoltà della campagna vaccinale sono evidenti. Nella lotta al virus convergono numerose aspettative: sanitarie, economiche, gli aiuti, la fiducia verso la ripresa e il rilancio economico. Tutto però appare in questo momento delicato nella lotta alla pandemia in salita, a partire dalla curva dei contagi e dei decessi che scende troppo lentamente, mentre le somministrazioni dei vaccini per motivi logistici o di prudenza sanitaria, vanno a rilento. Coldiretti ha presentato un calcolo dei costi. Ogni giorno di ritardo sulle vaccinazioni costa in media all’Italia oltre 350 milioni in mancati consumi con un drammatico effetto a valanga sull’occupazione che si aggiunge alle sofferenze e alle vittime causate dalla pandemia.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in riferimento al potenziamento della campagna vaccinale. Potenziamento oggi in bilico, dopo che l’arrivo di 360mila dosi nell’hub della Difesa a Pratica di Mare con il primo carico di Johnson&Johnson, sarà aggiornato a nuova data. Così come si procede con molte precauzioni per i vaccini AstraZeneca e anche per i richiami di Pfizer. C’è poi il problema della seconda somministrazione e del vaccino da usare. Per quanto rapidi i test sui vaccini, gli ulteriori controlli, e la lotta alle varianti del virus, il fattore temporale gioca un ruolo importante. Nel frattempo la crisi economica galoppa e in molti invocano un cambio di passo, riaperture con la fine dei blocchi, ma nessuno può dire con certezza quando la pandemia ridurrà i suoi effetti negativi. Siamo agli auspici ma non alle certezze, anche se tutti sollecitano “risposte chiare”.
“Il cambio di passo sulle vaccinazioni”, sottolinea la Coldiretti, “è strategico salvare l’economia e le attività collegate a partire dai alberghi ed i ristoranti che sono i più colpiti con un calo dei fatturasti del 40,2% nel 2020 seguiti dai trasporti che si riducono del 26,5% e dalle spese per ricreazione e cultura che scendono del 22,8%, ma in media i consumi diminuiscono dell’11,8%”, sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2020.
La riduzione dei consumi travolge 360mila realtà impegnate nei servizi di ristorazione tra ristoranti, trattorie, bar, pizzerie ed agriturismi con vino e cibi invenduti per un valore stimato, sempre, dalla Coldiretti in 11,5 miliardi in un anno. La chiusura delle attività pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura con il consumo fuori casa che vale un terzo della spesa alimentare degli italiani.