“Il nostro Sistema Sanitario conserva forza attrattiva se pure afflitto da problematicità, funzionali e strutturali, e perduranti questioni irrisolte”. Maurizio d’Orta, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche – Scuola di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Salerno e Coordinatore della Commissione di Diritto Sanitario e alla Salute istituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli è un vero esperto del settore.
Ecco perché il suo punto di vista è utile per entrare nei meandri del mondo sanitario e capire quali sono gli interventi da attuare al fine di garantire il diritto alla salute dei cittadini.
Quale è il suo giudizio complessivo sul Sistema Sanitario Nazionale?
“Resto convinto che il Sistema Sanitario Nazionale, a carattere universalistico, sia tra i migliori modelli al mondo fondato sul valore assoluto di solidarietà sociale e si esprime nell’ausilio prestato al cittadino-paziente in stato di difficoltà. Conserva forza attrattiva se pure afflitto da problematicità, funzionali e strutturali, e perduranti questioni irrisolte: l’auspicio è che il SSN, migliorato e potenziato, possa adeguatamene sostenere la piena realizzazione del diritto alla salute previsto all’art. 32 Cost. e farne ancora caposaldo di modernità dello Stato”.
Cosa pensa delle nomine dei dg delle Asl gestite dalla politica regionale?
Quasi superfluo dire che si vive di politica, tutti noi viviamo di politica, la politica è orizzonte dell’esistenza in comune. Lapalissiana verità che induce anche a riflettere sulla questione posta. “Se è opportuno che le nomine dei d.g. delle ASL vengano gestite dalla politica regionale?”: le risposte non possono che risultare differenti secondo le visuali. In positivo si declina una governamentalità della sanità che risponda al feeling politico e la vicinanza del manager agli assetti apicali della politica regionale, di per sé, non sarebbe pregiudizialmente negativa sostanziandosi in un rapporto di natura fiduciaria. Altrettanto sostenibile è l’inverso valutando, ora, che il feeling con la politica sia cagione di falsificazione del rapporto tra l’organo-nominante e il soggetto-nominato così ingenerandosi sospetti di carenza di tasso democratico, mala gestio del potere, decisioni direzionate se mai per prescelti non esattamente campioni di professionalità. Questione aperta che si coordina con l’altra del ripristino di politiche centralistiche in sanità”.
È favorevole o contrario ad un ritorno ad un sistema centralizzato, limitando le prerogative delle Regioni?
“Lungo la storia della Repubblica si è assistito a politiche di interconnessione centralistica o, all’opposto, di decentramento e territorializzazione di funzioni pensate, in origine, statali dai costituenti. In sanità è altamente rischioso impostare politiche decentrate interagendo attivamente salute e bios che – insegnavano i Greci – non è solo vita vissuta, il mero vivere, ma forma e maniera di vivere di un singolo o di una comunità. In democrazia valore forte è la solidarietà – da coltivare di continuo per potersi fregiare del titolo di nazione – e si dubita che in una realtà tradizionalmente di territori e campanili possa fluere la solidarietà come provano, del resto, molti indici attuali, in primis, il revival di un esasperato regionalismo autonomistico. Ripensare scelte non supportate dalla conoscenza, in ogni piega dei problemi, corrisponde a una presa di coscienza che ci si attende da una comunità nazionale rappresentata da una dignitosa politica. Altro discorso è correggere aporie e storture del sistema che attengono ai territori, colpire mali e pratiche che divorano la dignità delle comunità, normalizzare e ottimizzare, in modo da garantire ad ogni cittadino della Repubblica il diritto alla tutela della salute ai sensi dell’art. 32 Cost e, in ogni territorio, assicurare identici livelli di assistenza sanitaria”.
Quali, dunque, le misure auspicabili?
“Occorre ancora metter mano alla riforma del titolo V della Costituzione e costruire a partire dalla ‘ridiscussione’ delle linee federaliste in materia sanitaria una nuova alleanza. Equa politica non è scommettere sulla concorrenza tra le Regioni (in partenza se mai diversamente posizionate) ma avvertire il senso di nazione unitaria”.
La cosiddetta malasanità dipende solo da errori dei medici?
“Responsabilità medica e malasanità non costituisce un’endiadi. Nei vari consessi e congressi, convention e incontri di settore è capitato di ribadire l’assunto e richiamare il pensiero di Umberto Veronesi “il medico non è più il padre e padrone, il paziente non è più sottomesso perché più informato (anche se non sempre correttamente), la tecnologia continua d allargare i confini delle indagini sul nostro corpo, estendendo le possibilità diagnostiche un tempo affidate alle mani, agli occhi e all’esperienza del medico. Quindi il rapporto di fiducia medico-paziente, basato sula certezza che il dottore sia l’unico detentore del sapere, è in crisi profonda”. Il diritto, scienza sociale, sarebbe intervenuto disponendo un cambio di rotta così che, rispetto al prima, la responsabilità dell’operatore sanitario è attualmente di natura extracontrattuale, quella della struttura sanitaria contrattuale, e prioritaria premura del legislatore sarebbe stato operare per l’abbattimento della pratica opportunistica della medicina difensiva che tanto è costata alle finanze nazionali. Giova impostare un nuovo e diverso rapporto comunicativo medico-paziente in modo che il linguaggio tecnico non corrisponda all’esercizio di un potere a danno del paziente e sarà necessario – si è suggerito – passare da una prassi di ‘consenso informato’ a una prassi di ‘consenso conformato’ pregiando una dimensione non già formale bensì valoriale inverante il rapporto tra medico e paziente”.