L’onorevole Salvini non ci sembra abbia saputo comprendere fino in fondo tutti i problemi che l’Italia sta vivendo e soffrendo in questo momento ed abbia sottovalutato il modello di governo con il quale si è gestita la Democrazia dal dopoguerra in poi e che ancora oggi è l’unico modello culturalmente possibile.
Un partito ha certamente il diritto di chiedere di poter governare da solo ma deve dimostrare, con nomi e cognomi, chi sono gli uomini della sua squadra, coloro che potranno portare e attuare le soluzioni. Servono i nomi di donne e uomini colti e onesti che possano dare garanzie reali di poter gestire il cambiamento ed il futuro. La Lega certamente ha molti uomini e donne ma non ci sembra che abbia tutte le necessarie competenze trasversali dall’economia al welfare, dall’istruzione alle infrastrutture, dal fisco ai beni culturali, eccetera.
In altri tempi avremmo parlato più di partito che del nome che lo rappresenta ma la devianza di personalizzazione avuta in questi ultimi vent’anni ci induce a seguitare a parlare del leader. Il Vicepremier Salvini, prima di chiedere di andare al voto e chiedere di sciogliere le attuali Camere, avrebbe dovuto costruire pazientemente una compagine governativa da condividere con altri leader, presentarla agli elettori, e poi proporsi, maturando la decisione con loro, di fare il Premier.
Le alleanze non si possono fare dopo il voto. Si ripeterebbe l’errore delle ultime elezioni dove, per il M5S, governare alleandosi con il Partito Democratico o con la Lega di Salvini era la stessa cosa. Non ci sembra possibile che si ripeta l’assurdo scenario: sbagliare è umano, perseverare è diabolico.
Il segretario della Lega Salvini è ancora in tempo per avviare consultazioni esterne al suo partito per capire con chi potrà eventualmente costruire un prossimo governo e quali uomini e donne i partiti di una possibile coalizione potranno mettere a disposizione.
E’ ora, prima di far precipitare tutto che Salvini deve avere mente statica e razionale, per programmare e progettare il post elezioni fuori dal pensiero liquido dei social nei quali rischia di affondare; non sarà pregando la Madonna o affidandosi al Crocifisso che potrà governare.
Anche sui problemi dell’Europa deve dire il nome o i nomi di chi dovrà andare ad affrontare gli altri. E affrontare soluzioni e proposte per tutti i problemi europei; non solo l’immigrazione ma anche le politiche monetarie, quelle agricole, quelle commerciali, eccetera.
Ci auguriamo che Leader e politici di lungo corso di altri partiti si facciano avanti non a parole ma con programmi realistici e con le giuste competenze, e, naturalmente, dopo aver discusso sui fondamentali culturali della prossima politica italiana, offrirsi per andare a governare insieme, non perché ci sarebbero i numeri perché quella sarebbe aritmetica ma per assetto governativo politico strutturato.
Agli elettori si deve presentare una squadra completa, tempi certi e alternative probabili e non solo
possibili. Il contratto politico, se così lo vogliono chiamare, per noi è indifferente, lo devono fare ora, prima di chiedere di andare a votare.
La presunzione di sapere già che gli italiani vogliono andare a votare subito, espressa da quasi tutti i partiti ci infastidisce non poco. Chi dice che cittadini italiani vogliono andare a votare? Il popolo, questa volta, vuole garanzie certe e non titoli di soluzioni teoriche. Non ci andranno a votare, gli italiani, se parte solo la campagna elettorale.