Nel panorama della vita, la fede cristiana ci immerge nel periodo quaresimale che offre settimane di riflessione in richiamo a quel Kerigma della gioia che abbraccia tutte le croci del dolore. Quaresima: periodo di silenzio e di revisione dei propri silenzi e delle azioni vissute.
Un tempo di meditazione che fa prendere coscienza di ciò che si è, di ciò che si è fatto e di quanto alberga nel cuore di ogni uomo e di ogni donna che sanno alzare lo sguardo verso “Il sole della Giustizia”. Dalla cattedra del proprio agire (da quella scolastica a quella dell’esercizio di un servizio che ci si augura non diventi mai azione di potere) siamo chiamati a testimoniare una azione di rilancio dei grandi valori della vita che fanno umilmente vero l’Uomo creato per amore e chiamato ad amare nella brevità della storia.
La vera quaresima è quella che fa scorgere all’orizzonte la festa della luce, della resurrezione che canta l’alleluia della vita che non finirà mai e dà senso alla quotidianità dell’essere. La quaresima è solo una parentesi che apre la porta verso un mondo più ricco di cose che sanno asciugare ogni pianto del venerdì santo che non può avere tante ore nella quotidianità dei cristiani.
La vita di ogni uomo che “crede” porta in sé il timbro di un amore che è indelebile e riscalda il cuore di chi, spesso, caduto sotto il peso di una croce che sa di dolore e di solitudine, invoca un cireneo che aiuti senza ma e senza sé. Dalla cattedra del proprio agire bisogna scendere verso le strade della quotidianità e portare quanto di bello si ha nel cuore.
Tutti portiamo in noi, nella cassaforte dell’essere, quel briciolo di tenerezza, la forza delle idee, la solidarietà di un abbraccio, la verità dell’azione, la coerenza di quanto abbellisce le pareti dell’animo. Scendere dalla cattedra delle proprie sicurezze e fare i conti con il la propria storia che sa di tante domeniche delle palme dove in tanti hanno applaudito, pronti poi a gridare “crocifiggilo” a distanza di pochi giorni. Scendere dalla cattedra del proprio orgoglio e del potere che crolla, dalla sicurezza di essere potenti e immortali non avendo fatto i conti con una epidemia che porta via tanti e tutto senza il bacio dell’ultimo addio.
Mongolfiere vuote, la vita di chi pensa di essere il migliore in tutto e in tutti. Fermiamo questa corsa. Che si scenda dalla cattedra dell’apparire e si corra versa il cuore di chi attende l’inno della vita, della speranza, della Pasqua senza fine perché la vita è solo un dono e solo chi ama la gratitudine ne percepisce la bellezza.