Non sarà una sanità da rifondare, ma nemmeno da lasciare così come è. Serve una svolta nell’ammodernamento delle strutture, nelle apparecchiature, nei servizi, nella creazione e revisione del rapporto pubblico-privato. La lista è lunga i temi di impegno non mancano. Molte riforme e opere vanno messe in cantiere dubiti. A parlarne è Francesco Ripa di Meana, Presidente della Federazione di Asl e Ospedali (Fiaso), in un documento frutto dell’audizione in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nell’ambito della proposta sul Recovery Plan.
“Occorre partire subito”, sollecita Ripa di Meana, “per scongiurare errori commessi in passato. Noi siamo pronti a farlo, siamo pronti a metterci in gioco insieme alle istituzioni che vorranno coinvolgerci”.
Per il Presidente della Federazione di Asl e Ospedali
“La Fiaso si riconosce nella gran parte dei contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, osserva Francesco Ripa di Meana, “in particolare per ciò che riguarda il territorio, il digitale, l’ammodernamento del sistema. Ci sembra, tuttavia, che manchi la visione sistemico-operativa, è chiaro di “cosa” si debba occupare il Piano, ma non altrettanto il “come”. Ma il “come” in un intervento straordinario di questa portata farà la differenza”. In realtà come ha ricordato il presidente della Federazione di Asl e Ospedali molte cose ci sono già ma vanno migliorate. Altre vanno cambiate.
“È bene ricordare”, osserva Ripa di Meana, “che non siamo all’anno zero. Le Aziende hanno dimostrato di saper affrontare e superare la crisi economica del 2009, e lo hanno fatto grazie alla innovazione che sono state in grado di introdurre, che deve rappresentare il driver anche per questo Piano. Non è necessario rifondare l’esistente, ma introdurre i cambiamenti necessari, tenendo conto che non è possibile pensare a soluzioni uniche per tutto il territorio nazionale”
Il Piano programmazione 2022 tuttavia incalza, e per la Fiaso servono piani attuativi. “Siamo in grado di essere operativi sin d’ora”, sottolinea Ripa di Meana, “per esempio per quanto riguarda il rinnovo delle attrezzature, le tecnologie o gli interventi ex art. 20 disponiamo già delle informazioni necessarie e possiamo partire da esperienze di progettazione già in corso”.
La Federazione ha proposto una lettura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per la Sanità secondo tre grandi direttrici. Una prima, che riguarda le grandi infrastrutture, comprende la costruzione di nuovi presidi, il rinnovo delle apparecchiature e l’introduzione di nuove tecnologie, oltre che digitalizzazione e banche dati, con un investimento complessivo di 15 miliardi in cinque anni. “In questo ambito”, precisa Ripa di Meana, “abbiamo bisogno di procedure più snelle e rapide, sburocratizzate e di progetti in partnership pubblico-privato, per utilizzare anche l’innovazione che proviene dall’industria”.
La seconda grande linea di intervento riguarda il finanziamento di progetti di innovazione locale. Fiaso ritiene inadeguate le somme che il Piano riconosce alla ricerca e propone di puntare strategicamente sulla ricerca traslazionale sul farmaco e sui dispositivi medici, sulla digitalizzazione e sull’uso dei dati, sulla green economy, anche attraverso alleanze pubblico-privato costruite a partire dalle esperienze aziendali e interaziendali regionali. Nella realizzazione di questa linea di progetti dovrebbero essere coinvolti l’industria e l’università, utilizzando al meglio il patrimonio di esperienze di successo e di buone pratiche che trovano in Fiaso da sempre uno dei collettori principali. A questa linea di intervento della Federazione propone di dedicare risorse per un miliardo l’anno per cinque anni, utilizzando fondi del Piano ma anche altri finanziamenti dell’Unione Europea, dello Stato e di soggetti privati che potrebbero essere opportunamente convogliati.
La terza direttrice riguarda le azioni di miglioramento organizzativo e professionale, cioè l’innovazione che il management della sanità italiana ha già inserito nella gestione del servizio sanitario negli ultimi dieci anni, oltre che in corso di pandemia. “Pensiamo a progetti aziendali e interaziendali”, spiega Ripa di Meana, “che riguardano l’acquisizione di personale, oltre che di beni e servizi, l’organizzazione di servizi, nuove funzioni professionali, nuovi setting assistenziali e la prevenzione diffusa, che possono estendersi anche al livello regionale o nazionale, collegati alle progettualità del Piano ma finanziati attraverso un incremento delle risorse ordinarie del FSN per due miliardi l’anno”.
La lettura del Piano da parte di Fiaso è completata da quattro considerazioni di carattere generale che si intrecciano, a matrice, con le tre direttrici.
La prima guarda al management della sanità italiana come ad una risorsa del Paese, sulla base della esperienza acquisita. Secondo Ripa di Meana “Sono le Aziende sanitarie lo spazio privilegiato di gestione dei progetti del Piano, perché al loro interno opera un management che si cimenta da molti anni con la costruzione di risposte innovative nelle difficoltà del contesto, gestendo le risorse con competenza e queste competenze saranno indispensabili per utilizzare al meglio le risorse straordinarie delle quali disporrà il Ssn”.
La seconda invita ad imparare dalle emergenze a spendere tempestivamente e bene, come è avvenuto per la ricostruzione del Ponte di Genova e in corso di pandemia. Ciò richiede modelli di governance dei progetti che facilitino la loro esecuzione, a partire dallo snellimento delle procedure.
La terza sottolinea la necessità di dotare il Piano di un sistema di valutazione delle performance, di set di indicatori di processo, per esempio i tempi di realizzazione, e di outcome per misurare qualità, impatto, miglioramento effettivo per la tutela dei bisogni di salute della popolazione.
La quarta riguarda la necessità di puntare su nuove sinergie pubblico-privato. Il Piano può diventare un volano per attrarre nuove risorse al Servizio sanitario, ma ciò passa per la capacità di coinvolgere fondi e know how privati in nuovi progetti di partnership pubblico-privato, da impegnare per la ricerca traslazionale, ma anche attraverso una diversa relazione delle Aziende sanitarie territoriali con il privato accreditato, in grado di integrarlo e includerlo nel sistema di offerta.