L’etica della responsabilità nei confronti del proprio Paese dovrebbe obbligare tutti a mettere da parte le diffidenze e provare a costruire una coalizione che per due anni pensi solo a salvare l’Italia, whatever it takes.
La soluzione della crisi di governo è resa molto difficile da una pessima aria che si respira nella politica. Il veleno della diffidenza si è diffuso ovunque, tra i partiti e dentro i partiti. E quando nessuno si fida di nessuno è complicato trovare un accordo serio e che duri nel tempo.
Dopo le dimissioni delle ministre di Italia Viva, i 5 stelle, il Pd e Conte non si fidano più di Renzi. Ma sanno che dovranno comunque tentare di dialogare con lui. Da quando si è ipotizzato un partito di Conte, cui i sondaggi oggi assegnerebbero un 15%, sono cresciute le diffidenze di Pd e 5 Stelle nei confronti del “loro”; Presidente del Consiglio: lo difendono ufficialmente a spada tratta temono di esserne cannibalizzati in caso di elezioni. Conte questo lo ha capito e, a sua volta, non si fida delle solenni dichiarazioni di solidarietà di Di Maio e Zingaretti: teme imboscate improvvise se Mattarella dovesse dargli l’incarico di formare un nuovo governo. Renzi non si fida di nessuno e giocherà con il suo abile tatticismo cercando di uscire dall’angolo in cui era cacciato due settimane fa. Renzi non si fida per nulla di un Conte-ter che possa contare sul sostegno di un gruppo parlamentare in grado di rendere non indispensabili i voti di Italia Viva.
Salvini non si fida di Berlusconi e teme che il Cavaliere alla fine si stacchi e sostenga un governo non più di sinistra ma di salvezza nazionale. Se l’ipotesi di allargamento a Forza Italia non dovesse essere praticabile, Salvini teme che Berlusconi lasci che qualcuno dei suoi vada a sostenere l’eventuale Conte-ter.
All’interno dei partiti il clima è di sospetti reciproci. Gran parte del Pd non si fida degli ex amici di Renzi rimasti nel partito. E che dire del gioco delle diverse anime del partito che tornano a sgomitare rischiando di mandare a gambe all’aria la complicata ricucitura operata da Zingaretti? Tra i 5 Stelle la confusione è massima: c’è chi teme che Di Maio possa riconquistare il potere che aveva perso; c’è chi teme Di Battista approfitti della crisi per posizionarsi al centro dei giochi e c’è chi aspira ad avere lo spazio che nei due precedenti governi non ha avuto.
Anche Renzi deve mettere nel conto una diffidenza da parte di alcuni di Italia Viva nei suoi confronti. Alcuni temono che Renzi giochi per se stesso e che sia poco attento al destino politico dei suoi seguaci, di fronte ai quali sta lo spettro di un 3% che nonostante il grande agitarsi del leader non viene mai superato nei sondaggi e che non fa dormire sonni tranquilli a chi dei 48 deputati e senatori non vede speranze di essere rieletto.
Anche Salvini diffida di alcuni dirigenti della Lega che vorrebbero approfittare della crisi per imprimere una svolta meno sovranista e più moderata al partito.
Perfino Berlusconi, che gode di un prestigio assoluto in Forza Italia, diffida di alcuni suoi seguaci che cominciano a temere per il loro futuro politico in un partito troppo schiacciato su Salvini.
Giorgia Meloni non si fida né di Salvini né tanto meno di Berlusconi ma non teme di rimanere sola a chiedere convintamente le elezioni.
In questo contesto estremamente sfarinato a Mattarella non resta che fidarsi dei numeri e non di quello che legge sui giornali o ascolterà durante le consultazioni.
Il Presidente della Repubblica dentro di sé deve essere molto rammaricato che il suo appello di fine d’anno ai “costruttori”; per ora sembra caduto nel vuoto.
Le diffidenze nei partiti e tra i partiti sono ovviamente legittime. Ma esse dovrebbero fermarsi davanti all’interesse nazionale di un Paese in enormi difficoltà e che si gioca la carta più importante della sua storia, i 209 miliardi messi a disposizione dall’Europa.