La nuova mappa dei colori della pandemia, fa chiudere più di 8 locali su 10 (81%) presenti in Italia fra bar, ristoranti, delle pizzerie e agriturismi nelle regioni rosse e arancioni dove è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti, che evidenzia che oltre alla Provincia Autonoma di Trento i locali sono aperti solo in Campania, Basilicata, Molise e Toscana che restano gialle.
Sono oltre 291mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi costretti a stare chiusi nella nuova mappa sono diventate rosse e arancioni per l’emergenza Covid dove – sottolinea la Coldiretti – è consentita la consegna a domicilio o l’asporto, con limitazioni fino alle 18 per i bar che riducono ulteriormente la sostenibilità economica per giustificare le aperture tanto che in molti preferiscono mantenere le serrande abbassate.
Una situazione che rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani fuori casa che nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea. Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione – continua la Coldiretti – si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura, ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Le limitazioni alle attività di impresa – evidenzia la Coldiretti – devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione. Le difficoltà della ristorazione si trasferiscono, infatti, sulle 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. Per la Coldiretti si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese, con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale. Occorre salvaguardare – conclude la Coldiretti – un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese.