L’Italia è sempre stato un fedele alleato degli Stati Uniti d’America e tale resterà. Sono state pretestuose e ridicole le polemiche dei giorni scorsi che volevano accreditare l’immagine di un governo italiano ancora legato a Trump, anche dopo la proclamazione dell’elezione di Joe Biden.
Qualsiasi governo del nostro Paese intrattiene rapporti corretti con il Presidente degli Stati Uniti in carica, quale che sia il partito di appartenenza dell’inquilino della Casa Bianca.
Poco serio è invece esibire, durante la campagna presidenziale, un tifo sfrenato per questo o quel candidato da parte di leader politici che si sentono chiamati a rivestire incarichi rappresentativi del Paese.
Archiviata questa sgradevole pagina è necessario che il Governo definisca in tempi brevi una serie di orientamenti nei confronti dell’Amministrazione Biden.
Ci si attende da lui una maggiore attenzione all’Europa e alla Nato. E questo è risaputo. Ma l’Italia ha un’agenda speciale che deve poter discutere insieme a Biden e al nuovo Segretario di Stato, Anthony Blinken.
Essa riguarda l’area strategica del Mediterrraneo, la perenne crisi libica e l’avvento di nuovi protagonisti, come Putin e Erdogan, che si sono inseriti nel conflitto tra Tripoli e Bengasi e rischiano di condizionare in maniera preoccupante anche la nostra attività diplomatica in quella zona.
Durante la gestione Trump gli USA sono stati pressoché assenti dal Mediterraneo e non hanno esercitato alcuna azione di raccordo unitario tra i diversi Paesi europei, Francia e Italia innanzitutto, particolarmente coinvolti in quel che succede in Libia.
Dalla nuova amministrazione americana è lecito attendersi una maggiore attenzione e un più oculato interventismo diplomatico.
Ma l’Italia non può stare con le mani in mano ed aspettare che questo tema scali la classifica delle priorità di Biden e Blinken.
Occorre un’attenta e delicata azione diplomatica del nostro Paese che deve candidarsi a svolgere un ruolo da protagonista e non da gregario nella soluzione della crisi libica e, più in generale, in una politica di stabilizzazione dell’area mediterranea per tenerla agganciata all’Europa e agli Stati Uniti e operando un’azione di contenimento forte verso l’ingerenza di Russia, Turchia e Cina in questo scacchiere.
L’Italia deve tessere una delicata e complessa tela diplomatica con gli altri Paesi europei e con gli Stati Uniti e candidarsi ad essere il principale interlocutore sia di Bruxelles che di Washington nell’area mediterranea.
Gli Stati Uniti devono sapere di poter contare sull’Italia e sulla sua capacità di riprendersi un ruolo di primo attore, affidabile, equilibrato e non avventuriero in quello che un tempo era considerato il fronte sud della Nato e che oggi è il cuore dei traffici economici e delle ambizioni espansionistiche di Cina, Russia e Turchia.
Un’attenta riflessione da parte della maggioranza su questo argomento sarebbe auspicabile in tempi brevi.