venerdì, 15 Novembre, 2024
Politica

E Renzi ha fatto crack

Tutti conoscono il crack finanziario, quasi nessuno, pur avendolo sotto gli occhi, il crack reputazionale. Soprattutto se ne ignorano ragioni e conseguenze. Quelle che seguono sono riflessioni che facevo a giugno 2020. Credo spieghino bene perché pochissimi abbiano capito qualcosa di questa crisi e delle dinamiche del fenomeno Renzi.

“Ogni volta che aprirai bocca dirai assurdità”. È un anatema di Alex Drastico, storico personaggio di
Antonio Albanese, chiaramente lui lo ha espresso in modo molto più colorito. Ma il senso è quello.
Esistono purtroppo delle condizioni per cui questa maledizione si manifesta e non è una questione di
magia nera ma di “fisica” della comunicazione. È il crack reputazionale. Anche riportando parole altrui considerate da tutti corrette saranno interpretate come gravemente errate. Ma sotto quali condizioni può avvenire? Di che cosa si tratta in realtà? Anzitutto non si tratta di un fenomeno raro come potrebbe sembrare a prima vista. Tocca sia i brand che le persone. La politica non fa eccezione. Negli ultimi anni il caso che più mi ha incuriosito è Renzi. Ha costruito un capitale in termini di credibilità, una grande ascesa a cui poi è seguita una discesa del consenso altrettanto rapida. È pur vero che i cicli politici ai tempi dei social si sono molto accorciati ma questo fatto da solo non spiegherebbe l’attrito che genera oggi ogni sua affermazione.

Oggi è come se tra lui e le persone si fosse progressivamente instaurato un filtro che ne deformasse le parole e, come l’anatema di Albanese, le facesse sembrare sempre fuori luogo, irricevibili. Non siamo qui a dare un giudizio politico ma a studiare un fenomeno, su cui i più attenti si interrogano da anni. Il problema è in ciò che dice? No. Il suo registro e la sua linea sono analoghi a quando era all’apice. Dopo un crack reputazionale non si viene più realmente ascoltati, il messaggio viene distorto sulla base dell’immagine ormai cristallizzata. Il nodo della questione quindi è nella percezione del soggetto non nel messaggio. Le stesse parole dette da Trump o da Obama assumono significati diversi.

Analizziamo la rete per comprendere meglio il fenomeno: Matteo Renzi, numeri alla mano, è il quarto politico più citato sul web. Negli ultimi 12 mesi, con 60 mila menzioni, è dietro soltanto a Conte, Salvini e Di Maio. Con i primi tre che viaggiano su un altro binario (190, 177 e 115 mila le rispettive citazioni in rete), Renzi supera agevolmente politici come Meloni e Berlusconi. Eppure, analizzando i numeri del nostro osservatorio politico, il senatore fiorentino gode di un triste primato: è l’unico leader politico con un punteggio reputazionale negativo. A pesare sulla sua reputazione online, nell’ultimo anno, la condanna in primo grado per danno erariale; le «manovre di Palazzo» a cui sia la stampa che migliaia di utenti lo associano in chiave negativa. E la continua accusa di essere «bugiardo», un sassolino nella scarpa che ormai lo perseguita da oltre tre anni e mezzo, ovvero da quando ha dichiarato che, in caso di sconfitta al referendum, si sarebbe ritirato dalla politica. Erano altri tempi, era il 2016, eppure quel sassolino si è ingigantito e ancora oggi, anzi forse ora più che mai, si abbatte sulla sua reputazione come una valanga fatta di commenti che circolano on line.

La rete non dimentica. Questo degradare della percezione non è ancora sufficiente a spiegare il fenomeno, sono in molti ora a discendere la china, in effetti sembra una transumanza, ma pochi sperimentano un crack reputazionale. Ci manca ancora un tassello, la massa reputazionale, uno dei concetti chiave dell’Ingegneria Reputazionale. La massa è una sorta di intensità, quanti articoli, post, commenti, video, dirette attorno ad un soggetto. La massa non ti dice come è la tua reputazione ma ti dice di quante “tonnellate” è. Ed è molto importante poiché spostare un kilogrammo non è come spostare dieci tonnellate.

Ognuno vede quello che tu pari”, Renzi lo aveva capito ma non ha ascoltato neppure sé stesso. E Osho ritira fuori il sasso.

Quando si raggiunge una massa critica l’opinione riguardo ad un soggetto o ad un brand si “congela”, non viene più ricalcolata come accadeva sotto soglia. È un trucco che la mente mette in atto per risparmiare energie ed essere veloce nei suoi calcoli (decisioni). In realtà siamo pieni di questi trucchi e funzionano quasi sempre bene. I processori usano tecniche analoghe.

Quindi, quando avviene un crack reputazionale?

In presenza di due fattori concomitanti, il raggiungimento di una massa informativa critica e una connotazione molto negativa crescente.

Che cosa implica? Che non verrà più (in media) ascoltato il messaggio ma verrà giudicata l’immagine. Come se ne esce? Molto difficile, Monte dei Paschi ne sa qualcosa, serve un reset e una ridefinizione profonda e credibile. Si può capire se ci dirigiamo verso un crack? Si, questa è la buona notizia, tenendo d’occhio indicatori di degrado delle reazioni e massa. Frenare però è un altro paio di maniche, chi arriva così vicino al precipizio è portato a negarlo e quindi a finirci dentro. Salvini non è distante, frenerà in tempo?

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