Salario minimo? Il no della Confcommercio. Per la Confederazione si innescherebbe un duplice effetto negativo, quello di introdurre automatismi salariali e di aumentare il costo del lavoro senza alcuna correlazione con la produttività.
Il diniego è stato presentato durante l’Audizione di Confcommercio al Senato presso la Commissione Politiche dell’Unione Europea sulla proposta di direttiva per l’introduzione di un salario minimo legale. “Confcommercio”, ha sottolineato il vice presidente Donatella Prampolini, “rinnova il convincimento del fatto che la direttiva non sia lo strumento più adeguato per affrontare il tema del salario minimo e che meglio sarebbe stato far ricorso ad una raccomandazione per coordinare competenze europee e nazionali, in conformità con il Trattato, nel rispetto del principio di sussidiarietà e dell’autonomia delle parti sociali nell’ambito della contrattazione collettiva”.
Nel merito dei contenuti della proposta di direttiva, inoltre, la Confcommercio ribadisce la contrarietà all’introduzione di un meccanismo di salario minimo legale che innescherebbe un aumento del costo del lavoro senza una crescita della produttività. “Tale salario”, fa presente la Confederazione, “è già rappresentato dai salari negoziati e individuati dai contratti collettivi nazionali leader, cioè quelli sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative”.
“Diversamente, in applicazione dei contenuti della proposta di Direttiva, si avrebbe”, conclude Prampolini, “il duplice effetto negativo di introdurre automatismi salariali e di aumentare il costo del lavoro senza alcuna correlazione con la produttività. Effetto ancora più deleterio per il sistema-paese nel difficilissimo contesto emergenziale e post-emergenziale”.