Un popolo invisibile a cui hanno voltato le spalle politica, istituzioni ed economia.
Sempre più soli milioni di cittadini vivono in un apartheid fisico e mentale. Sollecitiamo il Governo a utilizzare i fondi del Mes per potenziare i servizi di assistenza e le strutture socio sanitarie. È una grande opportunità che non può essere sprecata.
Gli anziani in Italia sono diventati un popolo di invisibili. Di loro non si parla più. Non una riflessione seria su cosa significa aver superato la soglia dei 75 anni, ossia quando si entra in quella fascia di età dove si è più fragili e a rischio di ridotta auto sufficienza. Gli anziani sono scomparsi dal panorama sociale, addirittura assenti anche nell’immaginario delle fiction televisive sempre e solo impegnate a raccontare i tormenti di 40-50enni irrisolti sentimentalmente. Di loro la politica non si occupa più consolidando l’idea di un apartheid da ghetto.
Degli anziani, e sfidiamo chiunque a dire il contrario, si parla solo per i casi di cronaca, quella più brutta e odiosa: maltrattamenti e vessazioni subite in casa di riposo fatiscenti, le morti in solitudine in casa, o vittime delle mancata capacità delle strutture sanitarie di proteggerli. Le cronache dicono che gli anziani sono sempre più spesso soli, con pochissime risorse economiche, e quando ci sono i figli, questi abitano lontano. Nessuno si pone il problema di come gli anziani possano competere con una burocrazia non solo ostile e ottusa, ma che si è digitalizzata e quindi fuori dalla portata di un over 75. Un Paese che non si chiede, quante persone anziane potrebbero seguire con lucidità e rapidità le segreterie telefoniche automatiche, fare prenotazioni via internet, svolgere pagamenti on line, e le mille altre attività che oggi richiedono telefonini, carte di credito, bancomat, mail, pec, etc; quindi da ricordare password, saper digitare senza sbagliare, e destreggiarsi tra uffici pubblici, Asl, centri sanitari, e Caf in Smartworking.
I dati ci dicono che in Italia ci sono 14 milioni di anziani over 65, e di questa la metà (7 milioni, quindi) sono over 75. Siamo i più vecchi d’Europa, e secondo Eurostat abbiamo la popolazione anziana a più alto rischio di coronavirus. Come conferme puntualmente l’elenco dei morti. Se poi allarghiamo lo sguardo su ciò che significa essere anziani allora entrano in ballo altre cifre, come ad esempio i costi sostenuti dai Comuni per i servizi sociali, spesa che ammonta a circa 7 miliardi 234 milioni di euro l’anno. Nel seguire le cifre facciamo solo un esempio per comprendere l’enormità della situazione degli anziani e delle loro famiglie, quando tra l’altro si ha la fortuna di averne una. Stringiamo il cerchio solo sui 600 mila malati di Alzheimer, in maggioranza donne e con un’età media (in aumento) di 78,8 anni. I costi diretti per l’assistenza superano 11 miliardi di euro all’anno. Di questi, il 73% grava sul bilancio familiare. Una situazione drammatica che è pienamente fuori controllo e che nessuno dice finora come si può intervenire. Aggiungiamo che, anche nella situazione più rosea, ossia di un anziano ancora in salute, assistiamo che sempre più spesso vive in modo autonomo, lontano dai figli e in condizioni di solitudine. Nei casi in cui non è più autosufficiente, per lo più l’anziano si trova in strutture geriatriche o assistito da personale esterno al nucleo familiare. Queste situazioni sono causa di problemi psicologici e depressivi da sindromi “da abbandono”.
Ora di fronte a queste enormi difficoltà abbiamo letto che c’è chi sta squarciando il muro di silenzio sulla condizione degli anziani in Italia. Vogliamo essere infatti vicino alle richieste dei sindacati Cgil, Cisl e Uil che nei giorni scorsi hanno inviato un documento a Governo, Regioni, Comuni e presidenti di Camera e Senato, in cui sollecitano che per loro i 37 miliardi europei del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) sono necessari per dare vita ad una profonda riforma del sistema sanitario e al rilancio del Welfare sanitario, con particolare attenzione alla emergenza anziani. Situazione, per citare i sindacati, “che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce ‘nuove epidemie’ le Cronicità, la Non Autosufficienza, il disagio mentale”. Noi siamo d’accordo il Mes può essere la svolta positiva per assicurare una maggiore e migliore assistenza, per creare più qualità nella formazione per rispondere ai nuovi fabbisogni di personale, per valorizzare le competenze e qualificare i servizi assistenziali. Le risorse del Recovery Fund e del Mes sono una grande opportunità che non può essere sprecata. Lo dobbiamo alla generazione che ha subito una guerra, che non ha avuto una gioventù, che ha lavorato per darci condizioni di vita migliori. È un problema etico e politico che non possiamo far finta di non vedere.