Le abitudini alimentari sono un meccanismo complesso che racchiude in sé tanti aspetti della vita i quali finiscono per coinvolgere non solo il singolo, ma immancabilmente chiunque graviti nella sua sfera personale.
Come tutti i comportamenti che caratterizzano una società, anche le scelte alimentari sono soggette a mutamenti, determinati, nel caso specifico, dall’evoluzione dell’agricoltura e della zootecnia e dallo stesso assetto territoriale.
Lo studio internazionale Sial Insights, commissionato dal salone francese Sial, ci spiega come sta cambiando l’approccio che i paesi occidentali hanno con il cibo e individua le peculiarità di ciascuno di essi.
L’analisi ci rivela che i consumatori privilegiano prodotti naturali, healthy e vegetali. Una tendenza riscontrabile a livello internazionale e che, in particolare in Italia, sta condizionando in modo incisivo i processi di innovazione del settore.
Negli ultimi due anni, 62 italiani su 100 hanno cambiato le loro abitudini di consumo. Una percentuale elevata che resta comunque inferiore rispetto a quella di altri principali paesi europei, tra cui spicca la Francia con il 75% di abitanti che dichiarano di aver cambiato approccio al cibo nel corso dell’ultimo biennio.
Da quanto emerge dall’indagine, tale fenomeno cammina su tre assi di cambiamento: perseguimento di uno stile di vita sano, apprezzamento per i prodotti locali, attenzione per la composizione degli alimenti.
In Italia, tre persone su quattro hanno adottato un’alimentazione più sana (ad esempio riducendo i consumi di carne), risultando secondi solo agli spagnoli (83%), mentre per tedeschi, inglesi e francesi questo aspetto è meno rilevante. Gli italiani, inoltre, sono il popolo che mostra di dare maggiore valore al territorio: il 65% dei consumatori ha dichiarato di aver acquistato più cibo locale/regionale, come avviene in Francia (64%) e Spagna (63%), e diversamente da quanto accade in Gran Bretagna (29%). Il terzo asse è l’attenzione alla composizione degli alimenti: il 45% dei consumatori riconosce di essere più meticoloso nel consultare la lista degli ingredienti, preferendo acquistare prodotti privi di coloranti o conservanti o scegliendo il biologico. Un comportamento che ci accomuna ai francesi, che è massimo tra gli spagnoli (56%) e che risulta, invece, meno diffuso tra tedeschi (36%) e inglesi (33%).
Un orientamento acuito durante il lockdown, come dimostra un sondaggio condotto dall’Oersa (Osservatorio sugli sprechi alimentari) collocato presso il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria).
Hanno risposto al questionario circa 2.900 persone residenti in tutte le regioni d’Italia, dichiarando di aver aumentato il consumo di alimenti sani: verdura (33%), frutta (29%), legumi (26,5%), acqua (22%), olio extravergine d’oliva (21,5%), seppure sia cresciuto il consumo di dolci (44,5%) e vino (16%). Il periodo di quarantena, inoltre, ha rappresentato per molti l’occasione di sperimentare nuovi cibi (40%) e nuove ricette (31%), migliorando le proprie abitudini alimentari (24%) e maturando abitudini ecosostenibili.
Questo fenomeno, però, è innegabilmente condizionamento anche dall’incisivo lavoro di promozione e sensibilizzazione messo in atto da organismi istituzionali e associazioni ambientaliste, sia a livello nazionale che internazionale.
Ciò che le comunità stanno pian piano recependo è che il benessere del singolo è strettamente legato a quello del Pianeta che abitiamo. Viene da sé che i comportamenti dei consumatori mutino, impattando, inevitabilmente, anche sui processi produttivi delle aziende.
Negli ultimi due anni l’attenzione per pack leggeri o riciclabili è cresciuta per il 40% degli italiani, risultando secondi rispetto ai tedeschi (44%) e a ben dieci punti di distanza dagli inglesi.
Sial Insights ha raccolto anche informazioni rispetto alla percezione che i consumatori hanno rispetto alle azioni intraprese dalla filiera del food.
Tanto è stato fatto dalle aziende di settore per incontrare le esigenze degli acquirenti: nuove proposte alimentari con abbinamenti diversificati, lancio di prodotti vegani o ricchi di nutrienti ritenuti benefici, aumento di prodotti naturali, medicali e vegetali.
Insomma, nel 79% dei casi le opinioni dei consumatori rispetto all’operato della filiera agroalimentare risultano positive perché volte a migliorare la qualità alimentare, in particolare sui fronti della tracciabilità e della sicurezza alimentare. C’è ancora tanto da fare, però, rispetto al tema dell’equo compenso degli agricoltori, della riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua e della tutala della biodiversità.
Quello che risulta certamente evidente dallo studio è che il rapporto che gli italiani hanno con il cibo è mutato in ragione di temi “alti”, come l’etica lungo la filiera (con il 47% degli italiani che dichiara di preferire i prodotti del commercio equo), l’attenzione alla sostenibilità e alla naturalità (ad esempio, boicottando alcuni ingredienti o brand).
Ciò sta a significare che in Italia le scelte alimentari vanno ben oltre il mero acquisto di un prodotto, rappresentano piuttosto un atto di civiltà che sancisce il modo in cui si vuole vivere e abitare il mondo.