giovedì, 14 Novembre, 2024
Salute

Vaccino anti Covid, parla Tarro: “Rischio controindicazioni. Per me farmaci oggi più sicuri”

Divampa la polemica sul vaccino anti Covid soprattutto a causa delle divergenze presenti nel mondo scientifico, fra chi ne garantisce la completa efficacia, chi non si fida, chi parla di effetti, e chi evita di pronunciarsi. Un valzer di dichiarazioni e prese di posizioni che non aiutano certo gli italiani ad avere molta fiducia. Fra chi non si fida ed è anzi molto scettico circa l’efficacia effettiva del vaccino, c’è il medico e virologo Giulio Tarro che pure di vaccini se ne intende essendo stato allievo e stretto collaboratore di Alber Sabin l’inventore del vaccino contro la poliomielite. Lo abbiamo intervistato in merito.

Professore, lei ritiene che le controindicazioni circa l’utilizzo del vaccino sarebbero molte?
“Bisogna considerare innanzitutto che questo vaccino, che secondo molti sarebbe pronto per la messa in circolazione a breve, trarrebbe origine, almeno dalle informazioni ricevute finora, da un acido nucleico che dovrebbe essere indotto a produrre direttamente gli anticorpi contro il virus. Ma il procedimento ricalca grosso modo le stesse tecniche che negli anni passati hanno portato a respingere gli Ogm nell’ambito floreale. Si tratterebbe infatti di acidi nucleici che vengono utilizzati nel nostro sistema genetico in modo non ordinario. Una cosa mai vista nel campo della produzione vaccinale se così fosse. Non sappiamo dunque se potrà influire o meno sul nostro genoma prima della messa in circolazione, potremo saperlo non prima di quattro o cinque anni, quindi non è possibile nemmeno escludere che possa avere effetti collaterali sulle nostre reti genetiche, come in molti virologi hanno anticipato. Potremmo anche subire un’alterazione genetica tale da scompaginare l’intero sistema immunitario, trasformando in pericolosi killer dei normalissimi virus con cui conviviamo tranquillamente? Nulla è escludibile”.

Lo sconsiglierebbe quindi nei confronti di qualsiasi categoria di persone?
“Lo sconsiglierei ai bambini, ovvero i soggetti che possono affrontare la malattia con le maggiori possibilità di successo come è stato dimostrato. Nei bambini e nei più giovani le probabilità di superare positivamente il virus sono le stesse del vaccino. Altro discorso riguarda gli anziani, ma qui dipende molto dal soggetto che ci troveremo di fronte”.

In che senso?
“Nel senso che molto dipende dal quadro clinico dell’anziano, cui ovviamente è da collegare il grado di letalità che il virus può esercitare. Più il quadro clinico è compromesso più aumenta il rischio di letalità. In questo caso però sono d’accordo con l’Organizzazione mondiale della Sanità che prevede tempi tecnici necessari, non soltanto per l’efficacia ma anche per la sicurezza del vaccino”.

Quindi in alternativa al vaccino, fino a quando non si avranno garanzie su efficacia e sicurezza, cosa consiglia?
“Di procedere con le cure attuali. Tenga conto che nell’80% dei casi la malattia è perfettamente controllabile con l’idrossiclorochina, il cortisone, l’eparina, e seguendo l’esempio dell’America con la profilassi che utilizza gli anticorpi dei guariti, la cosiddetta cura del plasma che può fungere da vaccino temporaneo in condizioni di assoluta sicurezza”.

C’è stato uno scontro fra virologi negli ultimi giorni sull’efficacia effettiva del vaccino, fra chi dice che comunque non escluderà al 100% il rischio del contagio e chi invece ne assicura la totale efficienza. Lei da che parte sta?
“Guardi, qui non si tratta di stare da una parte o dall’altra, nel caso del Covid 19 abbiamo due aspetti importanti da considerare. Il primo riguarda gli anticorpi umorali di cui abbiamo parlato sopra, quelli cioè che si possono ricavare dal plasma, il secondo riguarda invece un’immunità cellulare ancora migliore. Mi riferisco a quella ad esempio che consente al continente africano di avere una zoonosi in grado di garantire un’immunità su almeno il 50% della popolazione. Lo dimostra il fatto che la circolazione dei beta coronavirus presso i soggetti della prima Sars, quella del 2002/2003, li ha visti completamente immuni al Covid 19. Vede, io sono stato allievo del grande Sabin, per questo prima di mettere in circolazione un vaccino non sicuro preferisco attenermi alle sicurezze che abbiamo”.

La situazione attuale del Covid, con la curva dei contagi che è tornata a salire e ora sta gradualmente invertendo la tendenza come la spiega?
“Non parlerei di seconda ondata come fanno molti ma di coda epidemica. Noi purtroppo non abbiamo voluto seguire l’esempio della Cina che ha praticamente azzerato i contagi con controlli serrati alle frontiere. Noi la nostra fase epidemiologica l’avevamo conclusa ad inizio estate e la prova è stata data dai festeggiamenti a Napoli per la coppa Italia, dagli assembramenti in strada che non hanno provocato alcuna diffusione del virus. Poi a luglio ci sono stati focolai circoscritti e controllabili come quello della comunità bulgara di Mondragone o i casi presso le comunità bengalesi. Il problema è stato rappresentato dai nostri imprenditori e commercianti che sono andati in vacanza in Bosnia, in Slovenia, nei Paesi dove il Covid era diffuso e hanno finito con il riportarlo anche da noi. Il virus ha ripreso a circolare in agosto con le frontiere aperte  in entrata e in uscita che hanno favorito la coda epidemica con situazioni però molto diverse da quelle di marzo. L’elevato numero di contagiati è stato soprattutto legato all’incremento esponenziale dei tamponi che ha portato ad inseguire tante persone che, seppur positive, non erano però contagiose”.

A gennaio cosa prevede?
“Niente di terrificante, massima attenzione all’igiene e a curare i casi più problematici, isolando chi è davvero contagioso con la quarantena. Eviterei anche una vaccinazione in massa contro l’influenza visto che quest’anno ritengo che l’influenza si presenterà in misura ridotta. Lo suppongo dal fatto che questa estate, in molti Paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Argentina, il Cile, il Sud Africa dove era inverno, l’influenza non si è nemmeno presentata. Meglio evitare quindi possibili interferenze fra vaccino antinfluenzale e Covid come avvenuto a Bergamo l’anno scorso, visto che nessuno mi ha ancora dimostrato che la correlazione fra l’aumento esponenziale delle vaccinazioni e l’esplosione del coronavirus in quella zona è da escludere”.

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