Sono immagini terribili quelle che vengono proiettate e lanciate come sassi durante i notiziari. La gente scende in piazza e spera che chi sta al timone del governo ascolti la disperazione di chi non può chiudere un esercizio frutto di sudore e tanti sacrifici. Sia chiaro: chi danneggia vetrine e dà vita a gesti di teppismo e violenza non ha niente a che vedere con i disperati che invece, con dignità e responsabilità chiedono – in uno stato democratico dove la libertà di parola c’è ed è per tutti – rispetto, tutela, salvaguardia del pezzo di pane e principalmente solidarietà pura vera senza “ma” e senza “se”. Le piazze sono il vero tocca sano dove chi governa deve aprire l’udito per ascoltare i bisogni di chi dal mese di aprile e poi maggio e poi giugno si è attrezzato per mettere tutto in sicurezza. Se tutto è secondo norma perché questo schiaffo verso chi vuole lavorare e deve lavorare in sicurezza con tanto di dignità?
L’antivirus che sta nelle piazze si chiama rispetto, abbraccio di solidarietà verso chi ha creato in questo bel Paese un esercizio per dare un pezzo di pane ai propri cari. Tutela sì, distanziamenti sì, ma rispetto verso chi desidera sentirsi Italiano a casa sua con il soccorso di chi può e deve fare la sua parte per non avvilire e distruggere la speranza di tanti. L’antivirus sta nelle piazze, tra i giovani che protestano pacificamente e con responsabilità, tra chi attende risposte concrete e non promesse a lungo tempo, perché di promesse si muore, di solidarietà vera e tempestiva si vive. L’antivirus del corona/virus si chiama soccorso, solidarietà, e non è in vendita tra i padiglioni della retorica e della demagogia ma nelle piazze della rabbia e della sofferenza dove il silenzio non è mai stato d’oro.