Tra gli sproloqui della classe politica, con le opinioni espresse ed i voti dati, Covid-19 ha creato il suo partito di maggioranza assoluta ed innalzato il suo vessillo tricolore: Giallo, Arancione e Rosso!
Il Covid-19, nel giro di nove mesi – quanto basta per la nascita di un essere umano -, ha formato il suo partito ed ha cambiato persino i bei colori alla bandiera dell’Italia: verde, bianco e rosso, sfoggiata sin dalla Repubblica Cispadana, a Reggio Emilia, dal 7 gennaio 1797, riconosciuta dalla Repubblica italiana, dopo la caduta del regime fascista, con legge del 27 dicembre 1947 e consacrata nei Principi fondamentali della nostra Carta costituzionale, nell’ultimo articolo 12, il quale afferma che “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.”
Mentre il tricolore del Covid-19 giallo, arancione e rosso – speriamo non piaccia ad alcun italiano e sia adottato solamente per il minimo indispensabile di tempo – serve solamente per indicare “ictu oculi” i tre livelli di rischio, geograficamente predeterminati per ciascun territorio regionale per l’attuazione – automatica ed immediata – del piano di intervento sulle restrizioni e sulle linee di comportamento di emergenza individuali e collettivi, in base al collegato abbinamento di richiamo al protocollo normativo da adottare.
Speriamo che il 7 gennaio prossimo, la Festa del Tricolore, istituita con legge n. 671 del 31 dicembre 1996, possa svolgersi con tutta la sua carica di libertà e la bandiera tricolore possa sventolare, come sempre, presso le Istituzioni e, magari pure sui banconi e dalle finestre delle nostre case.
La stranezza è che i nostri politici litigano persino sulla rivendicazione di questi colori, come vessilli patriottici; ogni Regione reclama la bandiera gialla, forse come buon auspicio, speranza o gelosia, mentre il Presidente del Consiglio Conte ha, affannosamente, ribadito, in sintesi che “…stiamo parlando di cose serie, non negoziabili…decise dal Comitato Tecnico Scientifico, in sintonia con le forze politiche, prevedendo ristori per tutti coloro che sono sottoposti a restrizioni, a sacrifici e vivono in evidenti disagi economici…”
Le regioni, divise in tre zone a rischio contagio, come da studi, da parte del Comitato Tecnico Scientifico, basati su 21 parametri identificativi di ogni colore, non piacciono a nessun Governatore, affermandone motivazioni politiche non prive di polemiche. Le questioni in gioco sono una vera commistione politica, economica, sanitaria e di visioni piuttosto egoistiche ed affaristiche. Paradossalmente, alcuni ne approfittano per trarne benefici senza alcuna forma di rispetto per le situazioni di estremo disagio di molte fasce sociali. Si pretende la “botte piena e la moglie ubriaca”, come se la pandemia covid -19 sia una creatura ad opera del Governo ed a lui addebitabili tutti gli oneri e le conseguenze politiche, economiche e di disagio sociale.
È una costante, per i poteri forti, fare la voce sempre più grossa, contestando tutte le scelte del Governo; i ricchi non intendono fare, per loro natura, alcuna rinuncia, o sacrificio e pretendono, alla pari dei meno abbienti, di non adempiere le loro obbligazioni tributarie in scadenza e le esenzioni di quelle future. E come si alimentano le casse dello Stato per soddisfare i bisogni impellenti della collettività? Un prelievo forzoso sarebbe più che legittimo, a meno che i parlamentari non trovino una soluzione decente, visto il fenomeno dell’evasione, della corruzione e delle condanne relative ed i processi in itinere, in alcuni dei quali i partiti ne sono contagiati ; ma nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva di condanna.
È proprio la caratteristica dei poteri forti che si trascina da quasi un ventennio, con la modifica del benedetto Titolo V, benché i problemi italiani, come data storica del secondo millennio, risalgono alla famosa inchiesta di “mani pulite”, opera incomprensibilmente rimasta incompiuta.
Nessuno vuole rinunciare a qualcosa, ma si pretende di chiudere in casa gli anziani non produttivi, ovvero i minorenni, più a rischio assembramenti, con inevitabili contagi.
Una rabbia sociale che si autoalimenta grazie alle sollecitazioni di una classe politica che, pensando di rivendicare e difendere il proprio elettorato, usa linguaggi ed atteggiamenti visibilmente non ortodossi sia in Parlamento e sia in altri ambienti, piazze comprese. Tutto questo avviene perché il Parlamentare che rappresenta la Nazione, per esercitare le sue funzioni senza vincolo di mandato, così come recita l’articolo 67 della Costituzione e poter parlare a “briglie sciolte” quando e dove lo ritiene, ha un paracadute di protezione che lo esime dal rispondere delle opinione espresse e dei voti dati, di cui al successivo articolo 68, sotto il quale si rifugia sistematicamente; ma il troppo storpia, costituendo un esempio negativo che nuoce alla società civile.