Gli ultimi provvedimenti restrittivi imposti dal governo per fronteggiare l’emergenza Covid hanno creato molto malcontento nel Paese, malcontento che si è riversato nelle piazze delle maggiori città italiane. Non sono mancati gli episodi di violenza. Ma quanto è concreto il rischio che l’esasperazione porti la gente alla violenza? E soprattutto, la violenza è sempre e soltanto opera degli infiltrati, degli ultras o dei gruppi estremisti, o si rischia l’effetto trascinamento, ovvero che possa diventare violento anche chi va in piazza per manifestare pacificamente? Ne abbiamo parlato con la criminologa Roberta Bruzzone.
Dottoressa, siamo arrivati all’esasperazione, alle tanto temute conseguenze che lei stessa aveva previsto nella primavera scorsa provocate dal lockdown?
“Purtroppo sì. Tolti i soliti violenti che approfittano delle manifestazioni di protesta per infiltrarsi e scatenare il caos, c’è un serio problema da risolvere. Siamo oltre le conseguenze psicologiche provocate dal lockdown, abbiamo un Paese in ginocchio dal punto di vista commerciale, con una larga parte del mondo del lavoro in condizioni drammatiche. E’ evidente che di fronte alla prospettiva di nuove chiusure il timore di non riuscire più a sopravvivere si fa molto forte”.
La paura di non farcela a sopravvivere è diventata addirittura superiore a quella di ammalarsi?
“Sicuramente sì. La stragrande maggioranza delle persone, se si trovasse a dover scegliere fra il non avere da mangiare per sè e per i propri figli e il pericolo del contagio, sceglierebbe la seconda ipotesi. Il problema oggi è che l’aumento esponenziale dei contagi rischia di rendere problematica la cura di coloro che hanno sintomatologie gravi. Il 95% dei contagiati o non ha sintomi o li ha molto lievi; il vero problema è curare quel 5% che ha già patologie gravi o non gode di ottima salute e ha dunque bisogno di essere curato nelle terapie intensive dove i posti sono pochi se rapportati al numero dei contagiati che sale troppo velocemente ogni giorno”.
Che idea si è fatta delle piazze di questi giorni? Può farci un identikit?
“La piazza è sostanzialmente pacifica perché composta da persone che vogliono farsi sentire e far valere le loro ragioni assolutamente legittime e in larga parte condivisibili. Poi naturalmente ci sono i violenti che non mancano mai, e ai quali delle ragioni della protesta non importa nulla. Loro ci sono a prescindere proprio per scatenare i tafferugli e provocare disordine e scontri con le forze dell’ordine”.
C’è il rischio di un effetto trascinamento, ovvero che anche chi è pacifico possa seguire le frange estremiste e diventare a sua volta violento?
“Certo, nel momento in cui il livello dello scontro si alza il rischio c’è. Non parlerei però di effetto trascinamento, perché un lavoratore, una persona perbene che non è di indole violenta ma scende comunque in piazza per manifestare un disagio, non si mette a compiere atti di teppismo o di guerriglia urbana. Temo invece che possano restare loro stessi vittime delle violenze scatenate da chi è in realtà estraneo alle ragioni della piazza”.
La rabbia, la disperazione, la paura del futuro, in qualche modo possono però giocare un ruolo nello scatenare desideri di violenza anche in un soggetto relativamente tranquillo?
“La disperazione non è mai una buona consigliera. La paura di un futuro contraddistinto da difficoltà economiche e dal timore di perdere il lavoro, non permette ad un qualsiasi soggetto di rimanere sereno. Certo, può capitare sicuramente che qualcuno possa anche arrivare a comportarsi in maniera violenta, questo non si può escludere. E’ evidente che l’esasperazione è tanta in questo periodo da parte dei liberi professionisti, dei ristoratori, dei commercianti ecc. La paura di tensioni sociali molto forti c’è ormai da diversi mesi, quindi il rischio che le piazze possano esplodere è concreto ”
Cosa si può fare per scongiurare questo pericolo?
“Bisogna dare delle soluzioni concrete, informando correttamente i cittadini su come stanno le cose e facendo in modo che la comunicazione sia chiara, coerente e trasparente. Eviterei il circo mediatico degli opinionisti che spesso gettano benzina sul fuoco del malcontento, e lascerei che a parlare siano soltanto interlocutori credibili sul piano politico e sanitario. Questi opinionisti improvvisati che stanno in tv ad ogni ora del giorno, in questo momento rischiano di essere più pericolosi del Covid stesso”.
Dopo il lockdown della primavera scorsa, si è registrato un aumento di comportamenti violenti?
“No, non c’è stato un aumento significativo, direi piuttosto che nemmeno il virus è riuscito ad abbattere i comportamenti di chi delinque. Non ci sono state grosse variazioni. L’unica significativa l’ho registrata per ciò che concerne i reati di tipo informatico, con le truffe e le molestie online che hanno visto una forte esplosione di casi. Una cosa è certa: quando a giugno è terminato il primo lockdown, la vita non è tornata quella di prima e molte persone hanno continuato a vivere in una sorta di isolamento volontario. Questo spiega anche il perché dell’aumento dei reati informatici, strettamente legato alla dipendenza che si è venuta a creare nei confronti dei social”.
(Lo_Speciale)