sabato, 16 Novembre, 2024
Attualità

Dal Quirinale a Palazzo Chigi, obiettivo: etichettare e controllare la protesta

Non passa giorno che il Palazzo politico, mediatico, economico, non analizzi, marchi, etichetti le piazze che non controlla. E’ molto facile da parte degli ideologi, dei fan e degli ascari del “Regime-Covid”, bollare Roma, Torino, Milano e Napoli, come luoghi della provocazione criminale e dell’infiltrazione camorristica, fascista e delle tifoserie estreme.

È molto facile tentare di separare la parte buona, condivisibile, giustificabile della protesta, arrabbiata per la crisi, gli errori del Dpcm, le oggettive e gravissime sperequazioni ai danni di alcune e solo di alcune categorie. Come se fosse (e lo hanno capito tutti) una scelta ideologica, quella di massacrare partite Iva, ristoranti, commercianti, ambulanti, operatori della cultura, del teatro, dei musei, preservando altre categorie.

Separare, quindi, la piazza moderata dai “cattivi”. Questa la parola d’ordine. Una parte buona da calmare, imbonire con promesse elettorali (la strategia di Salvini e Meloni), o con la lista dei ristori, delle ricette assistenzialiste (la strategia del premier), che poi, alla luce dei fatti, non funzionano. C’è gente che aspetta ancora i soldi del precedente lockdown. Per non parlare della cassa integrazione, del blocco dei licenziamenti, dei soldi europei che non arriveranno, e se arriveranno, sarà a condizioni progettuali capestro.

Strategie difficili. La parte moderata e la parte esasperata della piazza non sono separabili, per il semplice fatto che la disperazione, la fame, la povertà sono una cosa sola. È vero che gruppi di estrema destra stanno tentato di strumentalizzare il disagio, esattamente come i centri sociali di sinistra e i giovani migranti di terza generazione (fatto interessante, sindrome-banlieues parigine). Ma è anche vero che le risposte cruente dal basso sono l’effetto della violenza dall’alto; quella del Dpcm di Conte.

Marco Revelli ha cercato di differenziare la protesta, distinguendo tra vittime reali della crisi, gilet gialli nostrani e fascisteria delinquenziale. Poi, ha ammesso che siamo definitivamente usciti dal XX secolo, siamo di fronte al prodotto di classi sociali in decomposizione, attraversate da risentimento, invidia sociale, rancore e mancanza di speranza. Diagnosi legittima, che non tiene conto però, delle tossine che le scelte attuali dell’Italia e non solo, genereranno nelle persone in futuro: i “cafoni della libertà”, privi di qualsiasi senso delle regole, della legalità, del rispetto dell’autorità, tendenzialmente complottisti, e i “paranoici della paura”, pronti a rinunciare sempre e comunque alla libertà (in primis, quelle sancite dalla Costituzione), per un pizzico di sicurezza garantita (sudditi prescelti di ogni dittatura).

Gad Lerner ha ipotizzato precise regie dietro gli scontri, rinverdendo il solito teorema golpista anni Settanta, preoccupandosi della nutrita presenza di giovani deideologizzati (gli amanti della movida), dimenticando i tanti giovani violenti che a sinistra negli anni Settanta, inneggiavano alla rivoluzione, alla lotta di classe, all’antagonismo sociale, all’abbattimento del sistema borghese, alla giustizia proletaria, e alla morte degli avversari politici (“uccidere un fascista non è reato”). Era ideologia o irresponsabilità giovanile?

Teorema anni Settanta che si può pure comodamente rovesciare: si fomenta dal Palazzo il disordine, per gestire il nuovo ordine. Situazione assolutamente probabile in questi giorni. Secondo voi, cosa si sono detti gli alti esponenti militari, riuniti al Quirinale, dal presidente Mattarella? Come affrontare un’eventuale eversione contro il Regime-Covid.

Il Fatto quotidiano addirittura, ha sottolineato l’ambiguità di Salvini e della Meloni, a parole contro le violenze, nei fatti contigui alle rivolte. I due soffierebbero sul fuoco per dare la spallata a Conte.

Ma è lesa maestà, peccato mortale, pensarla così, sperare nel capitombolo del premier? Sull’ambiguità però, il quotidiano ha ragione. La comunicazione di Lega e Fdi al momento è debole, inefficace. In bilico tra negazionismo, rappresentazione demagogica del disagio e volontà di partecipazione all’unità nazionale. E infatti, le piazze sono sfuggite loro di mano.

(Lo_Speciale)

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