Ormai c’è una politica reale e c’è una politica virtuale, mediatica. E la seconda, da quando è partita la pandemia, ha preso inesorabilmente il sopravvento.
Facciamo un esempio? A giorni arriveranno 6 milioni di cartelle esattoriali, ci sarà la verità sulla cassa integrazione senza più soldi, la verità sulle scadenze fiscali e tanto altro ancora. Un esempio pratico di politica reale. E cosa fa il governo? Risponde con la politica virtuale.
Scatena ad esempio, la guerra delle mascherine, la guerra alle famiglie, alla socialità, incita, sollecita, la delazione condominiale, a suon di Dpcm che scavalcano da mesi la Costituzione e impediscono un sano e autentico confronto parlamentare. Lo abbiamo già detto e ripetuto: “Sì mask e no mask” è unicamente una grande e grottesca strategia di depistaggio di massa. Si sposta l’attenzione su uno scontro ideologico, inventato, privo di rilevanza giuridica, sanitaria, unicamente per dividere gli italiani, che da marzo in poi, si sono già divisi irrimediabilmente in due antropologie incompatibili ma speculari: “I cafoni della libertà”, gente incapace di rispettare la legalità, qualsiasi regola, legge e si aggrappa a spiegazioni miracolistiche, apocalittiche; e “i paranoici della paura”, sudditi ideali per qualsiasi regime, immolati a una sicurezza garantita (si legga, schiavitù controllata), preferita di pancia a una libertà pericolosa.
Cos’altro è la guerra delle mascherine? Un simbolo, un deterrente, privo di evidenze scientifiche, che non preserva dal contagio, non assicura dalla malattia, ma protegge. E non sappiamo nemmeno quanto. Ed è naturale che se da una parte, il suo uso diventa uno strumento di affermazione politico-sanitaria, da parte del governo, si trasforma pure in uno strumento di rifiuto, di sfida, contro il governo, da parte di chi si oppone a Conte.
Per non parlare dell’ultimo Dpcm. È un provvedimento nel nome e nel segno della rana bollita. Ci stanno preparando a un nuovo lock down natalizio. E sarà ovviamente colpa nostra. Nel frattempo, applicano la norma della “manopola”. Siccome i cittadini non comprendono la gradualità (e non è possibile in natura), ci stanno abituando ad una vita “un po’ dentro e un po’ fuori”. Si può correre, ma da soli, si possono ospitare amici, ma fino a sei persone; si può andare al ristorante, ma non si può sostare prima di entrare. Si può bere, ma fino a una certa ora. E via dicendo: è la mistica del distanziamento sociale. Più che soluzioni pericolose e senza senso, sono stupide.
La verità è che nei Dpcm di Conte c’è il combinato disposto tra elementi politici, sanitari e psicologici. Laddove quelli psicologici la fanno da padrone. Sulla paura si governa meglio e si blinda un potere che altrimenti andrebbe a casa per manifesta incapacità amministrativa.
L’unico mantra che agitano, oltre all’angoscia collettiva, sono i soldi della Ue (il dibattito tra Mes e Recovery Fund). Arriveranno questi soldi a fondo perduto, e riusciremo a conciliare salute e sicurezza, salute ed economia.
Ma quello che non dicono è che i progetti che dovremo redigere, come condizione per l’erogazione dei soldi, dovranno essere in linea col perimetro europeo. Un perimetro ideologico e unilaterale. E se questi progetti non piaceranno a Bruxelles, niente soldi. E il castello di Conte si sgonfierà come un pallone bucato.
(Lo_Speciale)