mercoledì, 18 Dicembre, 2024
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OCSE, Education at a Glance 2020: uno sguardo sullo stato dell’istruzione italiana

Il mondo dell’istruzione, durante e dopo la pandemia, è stato messo sotto la lente d’ingrandimento. La maggior parte degli studenti è già tornata tra i banchi di scuola, ma non sono mancate le polemiche rispetto alle misure adottate dal Governo. Personale scolastico, docenti, genitori: tutti gli attori coinvolti hanno palesato le proprie perplessità. Nel mondo sono circa 1,6 miliardi gli studenti coinvolti in media per 10 settimane nelle misure di contenimento.

Tante le preoccupazioni relative al pericolo di diffusione del virus Covid-19, ma anche tante riserve rispetto alla didattica a distanza.

Education at a Glance, fonte autorevole di informazioni sullo stato dell’istruzione nel mondo, ogni anno fornisce un rapporto circa la struttura, le finanze e le prestazioni dei sistemi educativi nei Paesi OCSE e in una serie di economie partner.

È innegabile che una situazione come quella dei mesi scorsi, che di certo non può dirsi risolta, apre a scenari dagli esiti incerti. In un clima del genere, “sono i sistemi scolastici nella loro interezza – afferma Angel Gurrìa, segretario generale dell’OCSE – a dover essere al cuore della pianificazione dei governi, i quali dovranno saperli coniugare più che mai con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall’ONU nell’Agenda 2030, in particolare naturalmente con l’Obiettivo 4, teso ad assicurare un’istruzione di qualità, equa e inclusiva”.

Uno degli effetti della crisi da Covid-19 è stato, infatti, sottolineare quanto lavoro ci sia ancora da fare, per rendere l’istruzione di qualità un diritto di tutti.

Il punto centrale dello studio realizzato nel 2020, e presentato l’8 settembre, riguarda soprattutto la formazione tecnica.

Tra gli indicatori proposti dall’OCSE viene dedicato uno spazio ai programmi di istruzione e formazione professionale (VET – vocational education and training), che coinvolgono diverse categorie di studenti: discenti che desiderano acquisire qualifiche professionali e competenze tecniche per entrare nel mercato del lavoro; adulti che ambiscono ad accrescere la loro occupabilità ampliando le competenze; studenti intenzionati a proseguire gli studi a livello terziario.

In Italia, circa il 54% di tutti gli studenti della scuola secondaria di secondo grado scelgono programmi VET, in misura superiore alla quota media OCSE (42%). I campi di studio più diffusi, nel nostro Paese sono ingegneria, industria manifatturiera e edilizia (27% dei neodiplomati dell’istruzione secondario superiore professionale rispetto al 33% nella media OCSE).

In Italia, nel 2019, la quota di adulti di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di una qualifica di istruzione terziaria è il 28%. Anche se il dato è in crescita (+8 punti percentuali dal 2009 al 2019) la quota italiana risulta inferiore alla media OCSE, pari al 45%. Ad avere, inoltre, una maggiore propensione a concludere gli studi terziari sono le donne: in Italia le donne sono il 34% contro il 22% degli uomini; così anche nella media OCSE, ossia il 51% donne contro il 39% degli uomini.

I programmi terziari di ciclo breve sono di solito indicati per un orientamento di tipo professionale e rappresentano il secondo percorso più diffuso di accesso all’istruzione terziaria in media nei Paesi dell’OCSE, dopo i programmi di laurea di primo livello. Si stima che in Italia, la percentuale di adulti che intende iniziare un ciclo breve di istruzione terziaria prima dei 25 anni è pari all’1%, rispetto a una media del 10% nei Paesi dell’OCSE.

Negli ultimi anni, poi, un’attenzione particolare è stata dedicata ai percorsi di prima infanzia (ECEC).

I dati ci suggeriscono che in Italia, per i bambini di 2 anni, il tasso d’iscrizione al livello ISCED 0 è stato del 15%, ossia inferiore di 31 punti percentuali rispetto alla media OCSE del 46%. Mentre, sebbene la scuola dell’obbligo inizi all’età di 6 anni, nel 2018 in Italia il 94% dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni era iscritto nei programmi ECEC e nella scuola primaria, rispetto all’ 88% in media nei Paesi dell’OCSE.

Un fattore determinante, per offrire un sistema di educazione di qualità e accessibile a tutti, è rappresentato dall’offerta pubblica.

Dall’analisi emerge che rispetto agli altri Paesi OCSE, l’Italia nel 2017 è fra quelli che ha investito meno di tutti per l’istruzione di livello primario e terziario: il 3,9% del PIL per le istituzioni dal livello primaria al livello terziario (1,1 punti percentuali in meno rispetto alla media OCSE). La quota di PIL dedicata al solo livello terziario è lo 0,9%, inferiore al 1,4% nella media OCSE.

I salari del personale delle istituzioni scolastiche e in particolare quelli degli insegnanti e dei dirigenti scolastici rappresentano la spesa più consistente. Nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE i salari aumentano anche con l’anzianità; un docente italiano vicino al pensionamento guadagna dal 47 al 56% in più di un collega di primo impiego (la media Ocse è del 78-80%).

Le misure per contrastare la diffusione del virus hanno prodotto diversi disagi al mondo della scuola, ma è anche vero che hanno dato risonanza a una serie di temi a cui da tempo non veniva attribuito il giusto peso: tra i tanti, problemi strutturali degli edifici scolastici, gap tra aree metropolitane e interne, scarsità o assenza di dotazioni tecnologiche, personale non sufficientemente formato in ambito digitale.

Volente o nolente, la scuola è tornata a essere una priorità.

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