La mutazione del Movimento 5 Stelle dallo stato gassoso che però includeva tutto e il suo contrario in un partito vero e proprio sembra in uno stato avanzato.
È un percorso ormai visibile, sul quale si è incamminata l’area governista, che però deve fare i conti con i tradizionalisti, quelli che caldeggiano il ritorno alle origini, quasi segno di un recupero di una supposta purezza originaria, quella che forse li faceva sentire cavalieri solitari dall’antisistema.
Un’immagine icastica della mutazione in atto l’ha data il pratone dell’agriturismo, luogo del loro recentissimo incontro: tre anni fa arrivarono festanti e inebriati per il successo elettorale su un pullman, due giorni fa su una schiera ordinata di berline blu.
È il governo, come status e come ebbrezza, il nuovo sole che riscalda le speranze appassite del Movimento e conforta chi vi esercita un ruolo. Per far si che non si spenga prematuramente può accadere di tutto, perfino – sono recenti indiscrezioni – lo sbocciare di una intesa stringente fra Di Maio e Zingaretti e alla quale non sarebbe estraneo lo stesso Renzi.
Vedremo presto se sensazioni e indiscrezioni trovino conferma nella emersione di un patto di solidarietà fra i due leaders: un patto che mirerebbe a ridurre il ruolo di Conte come grande mediatore.
Tutto questo è possibile, e lo vedremo presto, a cominciare dalla convergenza su una spinta propulsiva allo stesso governo.
Una prospettiva con una sola visibile condizione: che la maggioranza sappia finalmente cogliere il valore di un disegno condiviso, che riguardi i drammatici problemi della società italiana dove la disoccupazione giovanile ha superato il 31%.
Per ora, nulla di nuovo all’orizzonte.
Le cronache registrano contrasti e divisioni, non solo sull’accesso al MES, ma anche sulla scuola, sui nuovi decreti sicurezza, sulla sorte di Alitalia e Autostrade e sulla stessa legge elettorale.