Nulla di polemico contro nessuno e nessun dito puntato contro chi occupa poltrone che in questo momento tutto sono tranne che comode: nulla di insensato e che va oltre simpatie e antipatie di basso profilo umano verso certi partiti e movimenti che in piena “pandemia” hanno curato bene le invettive contro gli avversari politici, addobbato alla perfezione i seggi elettorali dimenticando che da lì a poco in quelle aule semi ammuffite dall’indifferenza e dalla disperazione di un intero popolo italiano (se ancora sa di esserlo nell’unità dell’intesa) stanno, anzi sono già arrivati, tanti studenti e studentesse che fanno finta di niente seppur imbavagliati e privi di parola. Commento futile? No, solo una fotografia che ognuno può osservare e ritrovarsi dinnanzi la propria quotidianità senza commentare. Dallo scorso marzo l’allarme Covid 19 ha messo in ginocchio tutto e tutti.
La scuola ha pagato e continua a pagare un prezzo alto visto il già precario quadro che si presentava agli occhi di chi di scuola se ne intende grazie a anni e anni di impegno culturale vissuto tra i banchi dove oltre ai compiti si cerca di correggere anche la vita di chi non crede più in una didattica che oltre ad essere “a distanza” è anche “distante” dalle aspettative dei figli del terzo millennio. Mesi e mesi di corsa verso un anno scolastico da romanzo di fine stagione con il “e vissero tutti felici e contenti” vista la promozione assicurata già a fine primo quadrimestre e quindi la didattica a distanza ha solo offerto a molti l’opportunità di manifestare l’amore alla cultura. Diversi hanno buttato la spugna, tanto “il dato è tratto”. Un plauso vero, sincero, privo di retorica va ai dirigenti scolastici, ai docenti, ai genitori attenti e premurosi che con unghia e denti hanno saputo strappare un anno scolastico con esiti più o meno accettabili. Ma di sicuro frutto di tanti sacrifici e non solo.
Oggi si riparte e alla disperazione familiare dove mancano soldi, lavoro, speranze e attese, ecco soccombere tutto in un labirinto che sa già di paura e di incertezze. Il disagio è sotto gli occhi di tutti: le scuole sono fatiscenti ubicate in appartamenti costosi e non sempre a norma e chi si può permettere un edificio nuovo (pochissimi) fa i conti con una riapertura che di sicurezza ha solo i corsi obbligatori che i dirigenti scolastici esortano a svolgere. E se per qualcuno o qualcuna il problema è il banco singolo, per altri è la presenza di un completo corpo docente che parte subito da quella materia invisibile chiamata, accoglienza, abbraccio a distanza, condivisione, dialogo a un metro, didattica che parte da una empatia che va oltre l’incubo di chiudere tutto. Si riapre, sì ma in modo non consono alle aspettative di un “Popolo” che dovrebbe stancarsi e farsi sentire quando giorno dopo giorno si assistono a liti, sermoni, comizi e accuse offensive.
Possibile che nessuno volge lo sguardo verso le tante famiglie che non si sentono rappresentati dalla dilagante maleducazione di chi inveisce contro i propri “nemici” politici dimenticando chi vive pulendo dignitosamente scale e appartamenti, vendendo verdura ai crocicchi delle strade, chi è in cassa integrazione, chi piange per una malattia che uccide più del Covid? possibile che si lotta per una poltrona e non si assicura una sedia a chi chiede solo che gli articoli della Costituzione Italiana vengano rispettati. Se la scuola è palestra di vita, per piacere dateci allenatori esperti, preparati, validi e che siano pronti ad abbracciare la “didattica del formare” e non della disperazione e dell’incubo chiusura.
Che la scuola diventi ciò che deve essere: palestra di vita, luogo che predilige il dialogo formativo e nell’armonia del sapere tutti trovino un bicchiere d’acqua pura che disseti la “sete del sapere”. Peccato che questo rimane un dolce sogno che forse non fa parte dei “saggi” programmi ministeriali. A ognuno il suo.