L’approssimarsi del voto per il referendum per la riduzione del numero dei parlamentari e per l’elezione dei Presidenti e dei Consigli in sette importanti Regioni, rende il clima politico nervoso ed ansioso.
Sia dalla maggioranza, sia dall’opposizione, si esclude ogni ripercussione sulla stabilità del governo; è una specie di mantra che a fatica copre, fra le opposizioni, ma anche in ambienti della maggioranza, attese di segno diverso.
Su queste attese, più o meno visibili, pesa però la consapevolezza di quanto una crisi di governo potrebbe pesare sui rapporti con l’UE, la quale si attende dall’Italia una condizione della politica né precaria né schizofrenica, ma invece impegno, serietà e puntualità nel predisporre progetti capaci di ottenere gli straordinari interventi predisposti dall’Europa per la ripresa delle economie.
Fra questi interventi, nella direzione del Partito democratico, Zingaretti ha sottolineato l’urgenza delle necessità di rompere gli indugi ed attivare il ricorso ai fondi del MES dell’UE, esplicitamente destinati all’ammodernamento e potenziamento dei sistemi sanitari.
Fondi utilizzabili con un prestito a tassi ridottissimi ed immediatamente spendibili a differenza di quelli legati al Recovery fund che difficilmente saranno disponibili prima dell’anno prossimo.
Sull’argomento MES permane la contrarietà dei pentastellati, ma non è da escludere un loro ripensamento all’indomani del voto ormai prossimo.
Quanto al referendum sembra scontato il successo del SI, ma anche una sensibile crescita del NO: un rifiuto che nasce soprattutto dalla constatazione che non si dispone ancora di una legge elettorale calibrata sulla riforma e, meno che mai, di una revisione dell’attuale bicameralismo perfetto, fonte di ritardi e di sovrapposizioni.
Sullo sfondo resta però l’esigenza di superare un sistema che sottrae agli elettori la scelta degli eletti come permangono, per tornare all’attualità, riserve e timori sull’avvio di un anno scolastico che si annuncia complicato, se non tormentato.