Per un anno dovremo convivere col virus anche se i vaccini cominceranno ad essere utilizzati nei primi mesi del 2021. Ci vorrà tempo per produrne miliardi e per somministrarli alla popolazione mondiale.
Questo significa che alcune restrizioni, inevitabilmente, persisteranno ancora per mesi anche se in forme-ci si augura-più attenuate.
Un dato è ormai chiaro a tutti: l’economia deve andare avanti altrimenti non ci saranno risorse sufficienti non solo per curare ma anche per sfamare immensi strati delle popolazioni. La riapertura totale delle aziende, dopo due mesi e mezzo di lockdown, in Italia non ha creato grandi problemi né ha acceso pericolosi focolai, perchè le misure di cautela sono state adottate con convinzione da imprenditori e dipendenti, consapevoli di dover fare di tutto per evitare non solo problemi sanitari ma anche economici.
La grossa incognita è rappresentata dalle scuole: i bambini dopo le lezioni tornano a casa e se sono infetti, anche se asintomatici, possano contagiare genitori e nonni innescando pericolose spirali di riproduzione del virus. Ci si augura che i controlli siano severissimi e non basati sulla volontarietà: chi lavora nella scuola a vario titolo deve sottoporsi a monitoraggi periodici e altissima deve essere l’attenzione verso i primi segnali di possibili contagi tra gli studenti.
Molte attività non potranno riprendere come prima e dovranno fare i conti con la convenienza economica di continuare anche in assenza di numeri di clienti adeguati. Bar, ristoranti, hotel, locali notturni, cinema, teatri, musei, convegnistica e altre attività dove il distanziamento fisico è problematico dovranno ridimensionare notevolmente le attività, soprattutto quando l’arrivo dell’inverno impedirà di utilizzare gli spazi all’aperto.
Ma tra un anno tutto potrebbe riprendere come prima anche se le ferite lasciate da questa lunga sofferenza non saranno facili da rimarginare.
Invece, uno dei fenomeni che hanno avuto grande espansione durante il lockdown e che è destinato a consolidarsi è il lavoro a distanza sia nella forma dell’home working che dello smartworking. Tante aziende hanno constatato che possono lasciar lavorare a casa o altrove i loro dipendenti senza che questo abbia impatti negativi sul modello produttivo. Le conseguenze della stabilizzazione e, forse, dell’aumento del lavoro a distanza sono enormi. Quelle positive riguardano la riduzione del traffico, dell’inquinamento, delle spese per il trasporto e dello stress collegato a spostamenti spesso lunghi e pieni di disagi. Ci sono poi conseguenze problematiche per le famiglie che non hanno spazi adeguati per consentire al padre o alla madre o a entrambi ambienti adeguati per potersi dedicare la lavoro ed eventualmente occuparsi di bambini non in età scolare. Quelle negative riguardano le attività di ristorazione che non avranno più clienti per la colazione, la pausa caffè o i pranzi.
La conseguenza più importante riguarderà il gran numero di uffici che resteranno vuoti. È forse questo il problema che avrà il maggiore impatto economico, a tutt’oggi imprevedibile. Tanti uffici vuoti faranno calare il valore di questa tipologia di immobili e potrebbero innescare una spirale pericolosa sul mercato immobiliare e anche per il sistema creditizio: se un immobile destinato ad ufficio è stato acquistato con un mutuo come farà il proprietario a pagare le rate se non avrà più gli introiti della locazione?
L’ampia disponibilità di uffici inutilizzati in via definitiva può offrire delle opportunità per affrontare il problema della carenza di immobili da destinare ad uso abitativo. Tanti uffici potranno e dovranno diventare appartamenti. E sarà necessario facilitare il cambio di destinazione d’uso. Ma quella che serve è una strategia di lungo periodo per gestire questa rivoluzionaria novità nel settore immobiliare. È urgente che si costituisca un tavolo tra Governo e rappresentanti di proprietari, investitori ed operatori della filiera immobiliare. E poiché tra i tanti che potranno avvalersi del lavoro a distanza ci sono le pubbliche amministrazioni, sarebbe bene che razionalizzazioni di spazi, di spese e di destinazioni avvenissero rapidamente anche nel settore pubblico. Magari risparmiamo qualcosa nella spesa corrente…