La sindrome del sottomarino si manifesta quando l’equipaggio smarrisce il senso dell’alternasi del giorno e della notte oppure quando, ed è esemplare l’epilogo tragico della dittatura nazista, chiuso in un bunker sotterraneo, si perde il computo non solo dell’alternarsi delle fasi del giorno, ma perfino della realtà esterna fino a fantasticare, come fecero Hitler e i suoi accoliti nelle ultime ore, di una impossibile vittoria.
Sembra ora che la sindrome del bunker si manifesti ancora una volta a leggere comportamenti e proclami di un certo ceto politico, anche questi contraddittori o alieni rispetto alla realtà vera.
Mentre ancora non si sa come e in quali tempi reali si potrà ritenere affrontato e superato il problema, che preoccupa tante famiglie, della riapertura delle scuole in condizioni possibili di sicurezza sanitaria per gli alunni: un problema che finora registra un dissidio profondo fra Governo e Regioni e mentre ancora non si capisce se faremo o meno ricorso al MES dell’UE per i bisogni del nostro sistema sanitario e si profila una brusca caduta dell’occupazione per i servizi, ristoranti, bar, negozi, locali di intrattenimento legati al turismo, sembra diventare prioritario ed essenziale il confronto sulla riduzione o meno del numero dei parlamentari.
Conseguenza, questa, della convocazione di un referendum su una legge approvata frettolosamente più di un anno fa ma lasciata poi in un cantone, senza predisporre un quadro normativo e costituzionale che eviti in futuro distorsioni e nuovi problemi.
È vero che della riduzione dei parlamentari se ne parla dal 1979, quando Nilde Jotti, insediandosi alla presidenza della Camera, pose il problema, sottolineando però l’esigenza che fosse risolto in un quadro normativo che assicurasse rappresentanza territoriale, efficacia del parlamento e diritti delle minoranze.
È perciò in errore Di Maio quando cita con estrema approssimazione la Jotti quale antesignana dell’iniziativa del suo partito, ma sono in errore soprattutto quanti, e sono tanti, si ostinano a mantenere in piedi una legge elettorale che espropria i cittadini di scegliere gli eletti e assegna questa facoltà alle gerarchie dei partiti.