Il semaforo dei consumi è fermo sul rosso. I recenti dati Istat non perdonano e segnano un calo, in termini reali della spesa delle famiglie, di quasi un punto. Se si considera che nel 2011 la spesa mensile era registrata nell’ordine di 2.640 euro, gli attuali 2.571 euro, pressoché invariati rispetto all’anno precedente, determinano una interruzione della dinamica positiva registrata dal 2014 al 2017.
Nello specifico, si registrano i livelli di spesa più elevati nel Nord-Ovest con 2.866 euro, nel Nord-Est con 2.783 euro e nel Centro con 2.723. Va peggio il meridione con 2.087 euro e le Isole con 2.068 euro. Un terzo della spesa è destinata alla propria abitazione, mentre coloro che vivono in affitto devono vedersela con il pagamento del canone, la spesa in prodotti alimentari ed i trasporti.
Gli italiani risparmiano sull’abbigliamento, le vacanze e le calzature e, nell’ordine di una famiglia su sei, anche sulle spese sanitarie. Il 16,1% delle famiglie, tra quelle che nel 2017 sostenevano questa spesa, spende oggi molto meno, soprattutto al Sud con una quota che sale al 24,1%, quasi una su quattro.
Un ulteriore campanello d’allarme che soffoca ulteriormente le ambizioni del nostro Paese, da troppo tempo incapace di trovare soluzioni che aggrediscano efficacemente una crisi che appare infinita. Soluzioni politiche ed economiche troppo spesso prive di una capacità oggettiva di anteporre la comunione all’individualismo. Quella capacità che, nel dopoguerra, aveva reso grande l’Italia ponendola, al pari delle potenze vincitrici del conflitto, protagonista del futuro sociale in Europa e nel Mondo.