A proposito del tormentato rapporto fra i due Dioscuri della maggioranza, Di Maio e Salvini, l’abbiamo paragonato ad una storia d’amore e di coltello, che sa della tradizione trasteverina e che ha trovato un eco dei versi dissacranti e sarcastici di Belli.
Oggi, sulla evocazione del coltello, sembra sovrapporsi nuovamente l’amore.
Salvini, che aveva parlato di fine di ogni rapporto, anche umano, con il suo parigrado, oggi lo definisce nuovamente un amico affidabile, e lo stesso con toni più ecumenici, fa Di Maio.
Per ora, quindi, i rischi di crisi di governo, sono stati allontanati ma, a prescindere dal ciclico alternarsi di scontri e rappacificazioni, resta intatto ed irrisolto il problema di capire come tutto questo possa tradursi in una diversa vitalità del governo e sul superamento dei nodi che stanno bloccando un vigoroso sviluppo dell’economia e una più forte coesione sociale.
Tanto per esemplificare non può più tardare una scelta chiara tra l’esecuzione di grandi opere pubbliche e l’attuale condizione di stallo, al pari dell’opzione risibile che blocca le ricerche di fonti energetiche sottomarine, lasciando campo libero alle analoghe iniziative degli Stati frontalieri dell’Adriatico.
Per non parlare della questione delle autonomie regionali potenziate che rischia di aggravare il divario già pericoloso fra nord e sud del Paese e della qualità dei rapporti con Bruxelles, essenziali alla vigilia di un nuovo programma comunitario delle politiche di coesione.
Né può essere sottovalutato, quanto al M5S il clima di diffidenza verso la grande impresa, come per il settore dell’acciaio o la declinazione di un ambientalismo estremo fino ad escludere il ricorso ai moderni sistemi di trattamento dei rifiuti.
Bisogna sì governare, ma con idee chiare e realismo, non per tirare a campare.