È la scuola una delle grandi vittime dell’epidemia che ancora imperversa in gran parte del pianeta e che si infiamma in piccoli e locali focolai nel nostro Paese.
Quest’anno scolastico è stato vissuto nell’illusione che la didattica via web potesse raggiungere tutte le famiglie quando invece tante risultano ancora prive di computer o di possibilità di connessione; si è rimediato con esami finali senza le emozioni e le partecipazioni degli appuntamenti di fine anno scolastico.
Già le condizioni strutturali e organizzative delle nostre scuole erano precarie, come sempre più ingiustamente dequalificato e mal retribuito era il lavoro degli insegnanti, poco tutelati e spesso lasciati in balia di scolaresche maleducate e rissose e delle intemperanze di famiglie intolleranti verso qualunque misura disciplinare nei confronti di pargoli mal cresciuti.
Lo sfascio è avvenuto negli ultimi 20 anni, enfatizzato anche da tentativi di riforme adottate o accantonate secondo gli umori delle varie maggioranze di governo: una specie di tsunami permanente, tanto da indurre anche osservatori del tutto estranei a quella esperienza di rilevare come finalità e prestigio della scuola fossero rimasti intatti nel lungo tempo dei governi democratico-cristiani.
Per il futuro prossimo, c’è solo da sperare che le cose funzionino meglio. Ci lascia invece perplessi l’idea, che speriamo archiviata, di banchi monoposto con rotelle: è appena possibile immaginare che potrebbe avvenire con la tentazione di trasformare le aule in piste da parco giochi.