venerdì, 22 Novembre, 2024
Manica Larga

Quo vadis, Boris?

Chissà se Boris Johnson, grande cultore della lingua latina, avrà mai sentito parlare di Dino Risi. Perché, senza girarci troppo intorno, questa storia della Brexit a quattro anni da quel referendum, somiglia sempre più al remake del film culto Il Sorpasso. In salsa british. Ricordate? L’impazienza dell’evasione scandita dallo strombazzare nervoso del clacson e dal gesto iconico delle corna: “Che dici, l’avranno viste?”, chiedeva un esuberante Gassman allo sventurato Trintignant. 

Tuttavia, a differenza di quello che sarebbe diventato un brillante scatto del boom economico italiano, questo rischia di somigliare alla più mesta istantanea di un grande boom e basta, lì dove la ripida scogliera del Romito, nelle cui gole avrebbe terminato la sua folle corsa la Lancia spider lanciata a tutta velocità sull’Aurelia, lascerebbe agilmente spazio alle bianchissime scogliere di Dover. 

È qui, infatti, nel porto dell’omonima cittadina, che il progetto della “Global Britan” rischia di schiantarsi al minuto uno con un immediato contraccolpo sulle vite dei sudditi di sua Maestà, a partire da cibo e medicinali, per esempio.

Per questo sfugge la logica dietro l’ostinazione da parte dei governanti del Regno nel rigettare qualsiasi piattaforma comune di confronto con l’Unione Europea, nel pieno di una pandemia che ha già provveduto ad azzoppare un’economia un tempo florida e oggi impegnata a fare i conti con la perdita di oltre 20 punti percentuali di PIL nello scorso mese di Aprile, “il più grande mai visto nella storia del Paese” ha sottolineato Jonathan Athow dell’ufficio nazionale di statistica, per una riduzione complessiva del campo di gioco economico di circa il 25% tra Febbraio e Aprile. 

Se a questo aggiungiamo che dal momento del referendum la sterlina ha preso a somigliare sempre di più alla moneta di un paese emergente, come rende noto Bank of America, altro che “Global Britain”: siamo di fronte a un’economia “piccola e in contrazione”, virgolettando la conclusione degli analisti finanziari. 

Per questo le aziende hanno cominciato a prepararsi al peggio in quanto, numeri alla mano, un’uscita dall’Unione Europea senza accordo vorrebbe dire tariffe nell’area del 10% a salire, che suona come una condanna a morte. Per esempio, soltanto il settore strategico dell’auto vedrebbe una contrazione dei volumi di produzione pari al 50%, come riportano alcuni studi di settore, con conseguenti ricadute occupazionali lungo tutto l’indotto.

Per tutta risposta cosa si inventano i nostri? Una nuova campagna di comunicazione, pensata in particolare per i Brexiteers, ovvero coloro i quali votarono per lasciare l’Unione Europea. Sarebbero infatti questi, più di ogni altro, a mostrar meno consapevolezza circa l’impatto negativo che un’uscita senza accordo avrebbe sulle loro vite,  conferma un recente sondaggio. Dunque, linguaggio militare e scienza comportamentale per dire loro che arriveranno tempi molto bui. 

Così, accanto alla denuncia di “dilettantisimo letale nel cuore del governo” da parte del giornalista politico Matthew d’Ancona, resta ancora inevasa la domanda delle domande: “Che dici, l’avranno viste?” Intanto la Merkel ha fatto sapere che non intende togliere le castagne dal fuoco di nessuno. Altre priorità. Diversa scena madre.

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